mercoledì 16 gennaio 2008

IL TESTO DELLA CONMEDIA BLASFEMA:"L'ANGELO DI DIO" DI M.BAGNARA

COMEDIA DI M.BAGNARA
L'ANGELO DI DIO
IN BREVE-SI TRATTA DI UNA TOTALE CONFUSIONE-FILO CONDUTTORE IL PETTEGOLEZZO TRA ZACCARIA ELISABETTA MARIA E GIUSEPPE E MARIA MADDALENA-COMMENTANO L'ANNUNCIAZIONE-TUTTO SFUMA AD ALTRI EPISODI DELLE LORO STORIE-MA IL CENTRO DEL RACCONTO E' LA STORIA
D'AMORE TRA GESU' E MADDALENA E LE CRITICHE RIVOLTE A LUI PER QUESTA LORO STORIA
SCANDALOSA.
MA UN GESU' CHE HA UN AMANTE PROSTITUTA E SE LA TIENE CON SE' NOTTE E GIORNO E' SOLO UN PECCATORE E OGNI INTERESSE PER LUI FALSO MESSIA DOVREBBE CESSARE.
QUINDI QUESTO M.BAGNARA MIRA A DISTRUGGERE LA FEDE CRISTIANA.
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(In scena Elisabetta e Zaccaria. Nel Tempio. Elisabetta sta finendo di aiutare Zaccaria a prepararsi per entrare nel "santo dei santi" )


Facoltativo: sullo sfondo anche se non in piena luce entrano gli altri personaggi. Ognuno di loro, più o meno in rapporto alle vicende che interpreterà, fa qualcosa di molto semplice e ripetitivo, che non distolga l’attenzione da quanto avviene in scena. Avremo, ogni tanto, un loro commento.

Inizialmente, essendo di scena Elisabetta e Zaccaria, avremo di sfondo: Maria, che è intenta a piegare (in una cesta?) e preparare le sue cose per il viaggio che farà. Giuseppe è invece concentrato nei pensieri e di cattivo umore, potrà forse avere un movimento minimo, inconsapevole ma indicativo; M.M. è invece ancora un che di mezzo fra l’attrice e il personaggio: attribuisco qui a lei la breve funzione di "voce" narrante preliminare. Seduta a uno specchio sta ancora truccandosi per la parte della Maddalena che interpreterà.

I personaggi sullo sfondo potranno anche, secondo momenti, uscirne e rientrarne. Tutto questo, ripeto, è solo suggerito e molto libero. I rari commenti che essi esprimono sono tessuto connettivo: se così posso esprimermi, vedo la loro ambiguità come fluidificante. Non è solo "coro". Sono diverse componenti di una stessa realtà. La progressione temporale è della storia. Teatralmente, dovrebbero darle una profondità. Mi sembra soltanto necessario che la scena finale non abbia invece nessuno alle spalle, affinché l’ipotesi sulla quale si fonda rimanga pura in assoluto)








M. M. - Furono due gli avvenimenti principali che precedettero di poco la venuta del Messia e furono due concepimenti inaspettati. Entrambi vennero annunciati anticipatamente per voce di un Angelo di Dio. Il nome dell’Angelo era Gabriele.


Noi non sappiamo quale fosse la realtà cioè l’evidenza delle apparizioni. Possiamo pensare a una presenza immateriale, richiamata da effetti forse luminosi. Sembra improbabile l’ipotesi più tradizionale e cioè che l’Angelo avesse o assumesse una sembianza umana: la sola evidenza è che riusciva a accreditarsi per quello che era e che diceva. Anche a prescindere dall’importanza delle cose che annunciò, ci sembra scontato immaginare che la sua presenza inducesse uno stato di emozione.


Destinatari delle sue rivelazioni furono un uomo in là con gli anni e una ragazza molto giovane. Il primo fu l’uomo e si chiamava Zaccaria. Sei mesi dopo, la seconda fu Maria. Zaccaria era un sacerdote che viveva in una piccola città della Giudea. Era sposato a Elisabetta.




ELISABETTA - Ecco. Sei pronto. E’ il tuo momento. Devi entrare.


ZACCARIA - Ascolta, no, io… non me la sento.


ELISABETTA - E perché no?


ZACCARIA - Sto male. Mi tremano le gambe. E le orecchie mi ronzano. Sudo. Sono in un bagno di sudore.


ELISABETTA - Vedrai che là dentro passa tutto.


ZACCARIA - Senti, mi mancano le forze, te lo giuro.


ELISABETTA - Lo sai a quanti sacerdoti come te non basta una vita per avere il loro turno dell’offerta dell’incenso? Lo sai che significa la tua fortuna? Nel santo dei santi - tu, da solo, alla presenza del Signore?


ZACCARIA - Sì, ma…


ELISABETTA - Non puoi tirarti indietro a questo punto, lo capisci o no? Sotto gli occhi di tutti!


ZACCARIA - Mi gira… mi sento le… Non sono all’altezza dei miei compiti. Neanche con te. Chi sei tu con me? La più infelice delle mogli.


ELISABETTA - E chi lo dice? Non è vero.


MARIA - (di sfondo, a Giuseppe) Erano molto amareggiati, trovandosi avanti con l’età, per non avere avuto figli.


GIUSEPPE - Maria, la ragione ha i propri limiti. Nessuno può dire che sia facile capire il destino che ci è dato.


MARIA - Se è il volere di Dio, quale problema c’è? Lo devi accettare, non capire.


GIUSEPPE - Non vedo che male ci sarebbe.




(in scena)

ZACCARIA - Sai quante volte ho dubitato che la mia sterilità …


ELISABETTA - Perché dici tua? Chi lo può dire?


ZACCARIA - … fosse un castigo che …


ELISABETTA - Non è un castigo. E adesso basta. Non è né il momento di discuterne o tergiversare, Zaccaria. Coraggio, su, entra.


(Lo spinge. Zaccaria entra nel santuario)


(Elisabetta si ritira e va di sfondo. Potrebbe ad esempio rimestare in una tinozza alcuni panni da lavare)


ZACCARIA - (Rimasto solo) Signore del cielo, degli eserciti e dei sacerdoti, spero anche loro inadeguati come me, accetta l’offerta dell’incenso.


(Accende l’incenso. Lo offre. Il fumo sale. Zaccaria indietreggia)


ZACCARIA - (al pubblico) Avete un’idea dell’oppressione che grava lo spirito in luoghi e momenti come questi? Credete che riti e paramenti siano utili per il dominio di se stessi? L’aria qui è un flusso irrespirabile, non solo in ragione dell’incenso: di tutti coloro che nei secoli hanno compiuto questo rito, se l’emozione lascia tracce il loro accumulo è tremendo. (Si volta) Signore ti prego, compatiscimi, sono il tuo servo Zaccaria.


(Aumenta il fumo. Apparizione dell’Angelo Gabriele. Circa il suo modo di apparire, vedi quanto già detto prima. E’ chiaro che esistono molte e diverse possibilità. In ogni caso noi non udremo la sua voce: perciò penso a effetti, ripeto, di luci, o proiezioni, o forse un simbolo identificato, ma è chiaro che queste sono scelte di regia: purché una presenza sia sensibile e induca uno stato di emozione)


ZACCARIA - Non ho e non avevo in quel momento nessun dubbio circa la sua natura angelica. Mi spaventava. Ed ecco lui dice: ‘Ma che fai? Piangi elevando la tua offerta a Dio?’. Mi batto il petto e mi inginocchio, mi accuso di tutte le mie colpe, anche di quelle che non so se sono colpe o se davvero le ho commesse, ma lui non ne è affatto impietosito. E mi comunica, mi annuncia, che ho da servire come tramite per un progetto dell’Onnipotente, e questo però non era un merito; e ancora mi dice che il mio seme sarà un anello indispensabile della catena. Così mette in ballo Elisabetta. E sottovaluta - delude - le nostre molte umiliazioni: perché niente e nessuno, non dico gli amici o i conoscenti, non c’era una pietra in casa nostra o asse del letto in cui dormiamo in tanti anni di speranze inutili e per tutte le lacrime di Elisabetta e sui fallimenti dei dottori - che avessero mai fatto sentire al mio dolore una minore solidarietà di quanto ne dimostrasse lui!


M. M. - (di sfondo) Per me Zaccaria tendevi troppo a lamentarti, non era una colpa alla fin fine non avere avuto figli.


ZACCARIA - Non era una colpa ma una grande sofferenza - sia pure accettando, figuriamoci, il volere di Dio che la imponeva. E adesso un suo Angelo mi manifesta che quel medesimo volere apre a mia moglie un futuro imminente di maternità, impone già il nome di Giovanni e mi comunica - ma non mi dà il tempo di capire - che il nostro figliolo fatto adulto sarà precursore del Messia, doppio motivo di esultanza ma io che ne venni a conoscenza all’improvviso, io ne fui troppo emozionato per essere pronto ad esultare, il mio primo istinto fu di essere sincero, colpevole al massimo per onestà, e obbiettai che eravamo troppo vecchi, i figli bisogna farli in tempo. Risposta che subito indispone l’Angelo, tant’è che mi fa: ‘ E tu Zaccaria, tu sacerdote, a me che ti porto una notizia così favorevole opponi soltanto piccolezze e una totale povertà di fede? ’ Io dico: ‘ Ma scusa, all’età nostra? Pensare io di ingravidarla e lei di riuscire a partorire senza danni? Queste non sono piccolezze ’. Così nel mio giorno dell’offerta dell’incenso mi presi una bella punizione: decise l’Angelo che avrei perduto la parola finché non si fosse realizzata la promessa di cui avevo dubitato. Che poi non avevo propriamente… avrei voluto controbattere che… Ma già lui mi aveva reso muto. (Fa un gesto a mimare il suo mutismo repentino. Desiste, in un gesto di impotenza. L’Angelo scompare)




ELISABETTA - (Viene avanti) Io stavo fuori insieme agli altri sacerdoti e in mezzo al popolo e mi preoccupavo. Il tempo normale per l’offerta era passato, pensavo a un malore, che ne so, vuoi l’emozione vuoi l’età e poi la mancanza di respiro in quell’ambiente invaso dal fumo del braciere. Ero sul punto di richiedere che un suo collega intervenisse, quando lui - eccolo, riappare. (Zaccaria si è rialzato e si dirige verso di lei). Aveva sì un’aria stralunata ma al momento non ci feci caso, si sa in questi casi come va, il calo improvviso di preoccupazione mi diede il bisogno di uno sfogo. (a Zaccaria) ‘ Che fai, stabilisci per tuo conto nuove regole di tempi e di modi per l’offerta? Perché l’ hai tirata tanto in lungo? Zaccaria! Vuoi farmi il piacere di rispondere anziché sbracciarti? ’ (Zaccaria tenta di difendersi e di spiegarsi solo a gesti) Lì cominciai a dubitare del suo stato. Dico di mente, all’improvviso. Pensavo al ritegno preventivo e ai suoi timori di avere un contatto così prossimo con il Mistero. Ma tutti ci stavano guardando. (rivolgendosi in giro) ‘ Amici, signori, è tutto a posto. Si deve solo riposare. Fatevi pure i fatti vostri, grazie tante, che lui e io per il momento ce ne andiamo a casa ’.


(Lo aiuta a spogliarsi) Lo aiutai a spogliarsi e gli misi una mano sulla fronte - la quale non solo non bruciava ma era gelida e voi capirete lo spavento, perché ragionavo e glielo dissi, un uomo non perde la parola e la ragione così in fretta e nel segreto dell’altare se non per dispetto del Maligno o peggio ancora per volere dell’Onnipotente. Allora lui cogliendo al volo la mia verità indica il cielo a confermare la seconda soluzione, allarga le braccia e batte l’aria come se fossero ali d’angelo e fu così che mi trasmise la premessa dell’annuncio. Non la sostanza. Temeva che io parlassi troppo e anticipassi più del giusto il suo segreto. Scrivendolo su una tavoletta mi fece sapere che il mutismo era soltanto provvisorio. Tutto qui. Dissi a coloro che me lo chiedevano: ‘ Gli è accaduto qualcosa che lo ha congelato, toccatelo in fronte e sentirete quanto è freddo, ora lo infilo nel suo letto e provo a rimetterlo all’onor del mondo: col vino più caldo e più speziato che abbia mai bevuto. Accenderò il fuoco. Quest’uomo ha bisogno di calore ’. E così feci.

(Zaccaria esce, o va "di sfondo" dove potrebbe mettersi a scrivere)


ELISABETTA - La vera sorpresa fu che avevo indovinato. Ma non previsto in quale senso. Reagì alle mie sollecitudini con uno scoppio di allegria: consumò cibo più del solito, gradì il vino caldo che gli avevo preparato e a larghi gesti mi invitava a festeggiare insieme a lui, senza recedere dal suo mutismo né rivelarmene il motivo, salvo indicare chiaramente alzando un dito che era una volontà di Dio. Di certo il suo corpo assorbì i benefici delle cure e li restituì con gli interessi, riprese colore e la sua pelle si distese e si scaldò, fu un’energia che lo pervase dilagando dall’interno. Vedevo i suoi occhi che ridevano le mani afferravano con più vigore e pelle a pelle trasmettevano un formicolio come un contagio: anche il mio sangue stagionato se ne avvantaggiò, la mia stessa carne riconobbe quelle sensazioni, non credo che al mondo qualcuno dimentichi gli ardori dei giorni nei quali la passione sovrastava il sentimento per gustare fino in fondo i suoi profumi. Confesso che io gliene fui complice, felicemente, godendo perfino a trasgredire anche i ritegni reclamati dall’età; e prima che avessi ben capito la ragione per cui tutto ciò stava accadendo concepii il figlio come l’Angelo aveva predetto a mio marito. Poi quando fu la mia natura ad annunciarmelo e la coscienza del miracolo scoperchiò il tempo della gioia in casa mia e compresi che noi avremmo messo al mondo colui che doveva proclamare la venuta del Messia, orgoglio e emozione mi avvamparono le viscere. Zaccaria mi scrisse il nome di Giovanni. La nostra età fu una fortuna, perché consentiva di godere la sua infanzia senza dividere anche il prezzo che il suo compito gli avrebbe poi fatto pagare.


(Indossa una pancia equivalente a una gravidanza di sei mesi)


( Sullo sfondo, Maria ha terminato il suo bagaglio e ora si muove. Esce. Giuseppe l’aiuta a trasportarlo fuori)


(In scena)


ELISABETTA - Quando raggiunsi il sesto mese ricevetti una visita molto gradita. Venne da Nazaret Maria che era molto più giovane di me, ma c’era un legame sia di affetto e sia di parentela. Anche lei era incinta e me lo confidò. (Arriva Maria, si abbracciano)

Giovanni al contatto ebbe un sobbalzo nel mio ventre. Fu un’emozione molto forte. Qualcosa in me si precisava.


MARIA - Rimarrò qualche tempo.


ELISABETTA - Ne sarò felice.


MARIA - (Le sfiora la pancia) Tu come stai?


ELISABETTA - Va tutto bene.


MARIA - Zaccaria?


ELISABETTA - Non parla ancora. Ma ne guarirà.


MARIA - E questa creatura?


ELISABETTA - Sarà un maschio.


MARIA - Anch’io avrò un maschio.


ELISABETTA - Sì, lo so.


(Lasciando Maria sola a parlare, Elisabetta ritorna sullo sfondo. Ora estrae i panni che ha lavato e comincia a strizzarli uno per uno - ma non fa rumore)


MARIA - (al pubblico) Rispetto al mio caso e alle sue tante conseguenze, per me lo sgomento si addolciva di radici tenerissime, non per chi amava me - e che amavo anch’io. Ma debbo dirvi innanzi tutto di quell’Angelo che mi aveva portato la notizia.


( Seconda apparizione dell’Angelo Gabriele)


Diventò luce accanto a me e mi si rivolse in una lingua che non posso definire perché risultava comprensibile pur senza che io percepissi né voce né parole. Mi salutò e mi disse subito che per intervento dello Spirito avrei concepito. Sia chiaro, l’annuncio aveva il carattere esclusivo di un’informazione, dava scontato il mio consenso anche se io non comprendevo (si rivolge all’Angelo) in che modo la cosa fosse compatibile con il mio stato di verginità, che il mio promesso aveva sempre rispettato.

Ma come la luce e cioè quell’Angelo mi rese chiaro, che senso aveva immaginare che lo Spirito avesse bisogno di un concorso di paternità? Io avrei fornito al mio Gesù la sua natura umana, Dio la sostanza soprannaturale. Bene vi dico ho amato subito il mio compito di dargli la carne necessaria per piacere agli altri, la lingua e la voce per convincerli, il sorriso e il buon cuore per amarli. Ma se in quella promessa di maternità io vidi subito le moltitudini che lo acclamavano, i peccatori ravveduti, la buona salute rifiorire negli infermi, non vidi - né l’Angelo me ne parlò - l’altra funzione altrettanto significativa di un corpo capace di ricevere in ogni suo muscolo ogni tendine ogni nervo ogni centimetro di pelle le sofferenze più crudeli che un uomo innocente possa reggere - e sua madre in cuor suo possa moltiplicare. Credetemi figli io in quel momento così giovane provai soprattutto una gioiosa eccitazione. Non saprei dirlo in assoluto ma, suppongo, fu in quel momento che lo Spirito arrivò a cogliere la mia quintessenza femminile. Terminato il colloquio con l’Angelo la sua predizione fu avverata.


(Fine dell’apparizione dell’Angelo. Si illumina la figura di Giuseppe)


MARIA - Molto più amaro più difficile per me fu doverne informare Giuseppe. Con quali parole era possibile dirgli la mia felicità senza ferirlo? Come convincerlo a non dubitare della mia onestà?


GIUSEPPE - (avanzando) E io come posso giudicare ragionevole la versione dei fatti che mi hai dato?


MARIA - Caro, per forza, se è così. Perché è così.


GIUSEPPE - A chi ne hai parlato fin ad ora?


MARIA - A nessuno. (Lo fa sedere. Va a versare un bicchiere di vino)




(di sfondo)


ZACCARIA - Anch’io nonostante la visione del suo stesso Angelo, quando ho saputo dello stato di Maria confesso che ho avuto molti dubbi.


ELISABETTA - Voi uomini avete questo limite. Vi piace il dubbio.


ZACCARIA - Un conto era credere che Dio, fuori dai tempi della norma ma all’interno delle regole, ci avesse accordato la gioia di avere e dargli un figlio. Un altro era credere a Maria. L’alternativa di non crederle rendeva il racconto una bestemmia.


M. M. - (a Zaccaria) Non esisteva alternativa. Un fatto è un fatto. Sia pure incredibile o poco spiegabile, ciò non significa che non sia vero. Prendi una donna come me. Che ha visto gli uomini pronti a comprendere anzi a pagare i suoi peccati, ma a farle pagare senza sconti il pentimento. Messa di fronte a un’evidenza di risurrezione, rischia la stessa alternativa che dicevi tu. O viene creduta o viene accusata di bestemmia. Allora il problema non è la ragione ma la verità.


(In scena)


MARIA - (Si inginocchia davanti a Giuseppe e gli offre da bere)


GIUSEPPE - No, lascia stare - non ho sete.


MARIA - Ti fa bene. (Giuseppe accetta. Beve un sorso)


GIUSEPPE - Maria, con il cuore io… ti scongiuro di smentire ciò che hai detto.


MARIA - Non posso, Giuseppe. Mentirei se lo facessi.


GIUSEPPE - E con… quell’Angelo - che nome mi hai detto?


MARIA - Gabriele.


GIUSEPPE - A quando risale il vostro incontro?


MARIA - A stamattina.


GIUSEPPE - Avete parlato anche di me?


MARIA - Lui no, ma io sì… Gli ho fatto capire che …


GIUSEPPE - Perché? Perché non l’hai detto chiaramente? C’era un impegno fra me e te, che ho rispettato!


MARIA - Giuseppe, era un Angelo di Dio. Sapeva tutto. Ogni parola mi lasciava intimidita. Mi ha detto anche il nome che daremo al mio bambino.


GIUSEPPE - Daremo? Cos’altro vuoi da me?


MARIA - Vorrei che accettassi, che… partecipassi.


GIUSEPPE - (Beve un altro sorso) E’ un nome…speciale?


MARIA - Sì.


GIUSEPPE - Sentiamolo.


MARIA - Gesù.


GIUSEPPE - Gesù non è un nome che…


MARIA - A me piace.


GIUSEPPE - Altri lo portano.


MARIA - Non come lui lo porterà.


GIUSEPPE - Avevi mai visto prima l’Angelo?


MARIA - No. Mai.


GIUSEPPE - Beh, non dovrai mai più ripetersi. (Beve un altro sorso di vino) Voglio che tu me lo prometta.


MARIA - E come posso?


GIUSEPPE - E perché no?


MARIA - Non dipende da me.


GIUSEPPE - (Scola il bicchiere poi lo butta, per dare uno sfogo alla sua irritazione) Ascolta. Fa’ quello che ti pare. Ma lo farai senza di me. Io non m’impiccio.


MARIA - Giuseppe non credo in ogni caso che lo rivedrò. Ha detto già quello che doveva.


GIUSEPPE - E io non… Davvero, non capisco la tua calma. Mi annunci una cosa inaccettabile, diciamolo chiaro che da un lato sembra il modo di coprire una menzogna, e se non lo è, se invece è la pura verità, non credi che forse avrei diritto quanto meno di vederti più sconvolta?


MARIA - Giuseppe, se un angelo del cielo …


GIUSEPPE - E se non era un angelo? Se avesse voluto avvelenarti di superbia?


MARIA - Io sono certa della sua autenticità!


GIUSEPPE - Perché tanta fretta di annunciarmelo, prima di avere la certezza del tuo stato?




(di sfondo)


ELISABETTA - Povera figlia, perché è onesta.


ZACCARIA - Anche Giuseppe è un uomo onesto.


ELISABETTA - E’ come te - siete zucconi.


MARIA MADD. - Io li capisco tutti e due. Che lui sia sconvolto era normale, era il promesso sposo.


ELISABETTA - Avete notato - lui l’ ha detto - la maturità? Dico la calma di Maria, lei così giovane come è capace con buon modo di smontare le obiezioni? Appena appena era una donna.




(In scena)

MARIA - (a Giuseppe) Non posso nasconderti la sola cosa che mi è chiara e cioè che il disegno mi comprende, felice di esserne strumento ma non della pena che procura a te. Però non ne dubito Giuseppe: io sento di avere concepito. Lo so che noi due ci eravamo votati a non congiungerci finché non fosse maturato il matrimonio: e questo era in cambio anzi in rispetto della mia verginità fino a che tu potessi avermi moglie e madre in esclusiva. Io devo dirtelo, questo è cambiato. Perché un progetto dell’Altissimo è entrato a far parte nostra vita, anche far questo Gli appartiene, non posso evitartelo - non posso nemmeno dimostrare quel che è vero, ma guarda che io sarei furibonda ed anche offesa se tu ti azzardassi a dubitare della mia onestà!


GIUSEPPE - So quello che penseranno tutti.


MARIA - A me interessa unicamente quel che pensi tu.


GIUSEPPE - Giudicheranno… un doppio crimine il fatto in se stesso e fantasiosa la sua giustificazione.


(di sfondo)


ELISABETTA - Io dico sarebbe anche difficile considerare spudorata una ragazza come lei. Tutti conoscono Maria la sua trasparenza la sincerità.


ZACCARIA - Aspetta che cresca la sua pancia.


MARIA MADDALENA - Per me c’è un problema che Giuseppe non menziona ma per lui non era poco. Il primo plausibile sospetto di tutti coloro che li conoscevano era che il padre del bambino fosse lui.


ELISABETTA - Maria lo smentiva.


ZACCARIA - Ma lui ha capito e giustamente gliel’ ha detto che quella versione a sua discolpa appariva molto fantasiosa.


(in scena)

MARIA - (a Giuseppe) Io non ho nulla da giustificare. La cosa è al di sopra di noi due. Dovevo informartene e l’ ho fatto.


GIUSEPPE - E credi che io che non avevo mai avuto nella vita una cosa bella come te, lavoro sì, speranze e sogni, ma non altro, fino a che tu non mi hai rivolto la parola e io mi sono innamorato, avevo trovato un buon motivo per illudermi che il cielo volesse regalarmi la fortuna - e ora mi chiedi di lasciarmela portare via? Non credo che il cielo abbia una simile intenzione. Maria, se ti perdo ho perso tutto quel che ho.


MARIA - Giuseppe io … speravo di non perderti.


GIUSEPPE - E come potrei? Come pretendi che … Semmai non ti voglio svergognare, metterti a rischio di un giudizio troppo grave, non voglio causare pregiudizi per tuo figlio né per te né suscitare maldicenze, ma devo salvare almeno questo, la mia dignità. Avere rispetto di me stesso.


MARIA - E questo chi te lo impedisce? Io no di certo, perché io non ti ho mancato di rispetto.


GIUSEPPE - Dovremo stare molto attenti. Agire in fretta e in assoluta discrezione.


MARIA - Agire… in che senso?


GIUSEPPE - Ti renderò la libertà. Dirò ai tuoi parenti che non ho nulla da rimproverarti, solo che entrambi consenzienti e liberi abbiamo pensato che sia meglio non sposarci. Il tempo lo abbiamo, finché non esiste una conferma più… evidente del tuo stato.


MARIA - Giuseppe tu ascoltami più attentamente perché finora non l’ hai fatto. Io ci ho pensato e nei miei limiti di comprensione so che se Dio ha voluto questo è chiaro ha voluto che suo figlio fosse un uomo. E credo che lui, dico il bambino, soffrirebbe tutto il tempo della crescita e delle sua stessa educazione se avesse me a fargli da madre ma non te, cioè mio marito come padre.


GIUSEPPE - Maria non puoi chiedermi di…


MARIA - Ma il punto non è la mia richiesta, il punto è che io riesco a trovare unicamente una ragione al fatto che Dio mi abbia prescelto: ed è che avevo proprio te come promesso sposo. Non ero io l’unica possibile o meglio non certo per me stessa quella più indicata, ma perché ero la ragazza fidanzata a te e tu mio Giuseppe in tutto il mondo l’unico in grado di adattarsi a questa situazione, a un figlio mio ma generato dall’Altissimo perché realizzasse il Suo disegno attraverso un percorso di normalità, e solo restando sempre uniti saremo la sua normalità, saremo i normali genitori che ogni bambino vuole avere. Dunque non io non solo io ti sto chiedendo: non lasciarci; perché nessun altro salvo te, che non gli sarai padre carnale, sarebbe disposto a diventarlo per il mondo - e a rinunciare anche al mio corpo, perché il mio corpo ha da restare - essere il tempio che è già diventato. Neppure io posso disporne. Giuseppe che fai ma perché piangi? Io in questo modo ti rimango eternamente … consacrata.




(di sfondo)


MARIA MADDALENA - E’ vero il suo corpo era realmente diventato un tempio. Lo è stato anche il corpo di Gesù. Sacro. Per me di sicuro. Ma solo per chi vuole capirlo. Non tutti quelli che volevano sminuirmi. E quelli che vogliono mio tramite sminuire lui.




(in scena)

GIUSEPPE - Ti prego Maria lasciami solo abbi pazienza.


(Maria non insiste e se ne va. Giuseppe viene a parlare con noi)


GIUSEPPE - Un po’ per dolore e di emozione e soprattutto di impotenza, è vero, confermo che piangevo. Cos’altro rimane a una singola e minima e confusa frazione dell’umanità se la donna che ha scelto come moglie lo contrappone all’infinito? Io mi trovavo in quella strana situazione insopportabile, non che davvero immaginassi un tradimento di Maria, pensare che avesse fatto un figlio con un altro ma volesse allevarlo insieme a me era altrettanto inattendibile quanto lo era la versione che mi dava, per cui non sapevo veramente come comportarmi lei era la donna io dico più onesta e più sincera che avessi incontrato nella vita. E me ne aveva appena dato una dimostrazione, non so se ci avete fatto caso, chiedendomi un altro sacrificio in quel momento, in pratica un obbligo di mantenerci in castità per sempre, volendo che ciò fosse ben chiaro prima che io mi decidessi. Non ha sminuito le difficoltà. Allora perché mi avrebbe mentito in tutto il resto? Se avesse voluto utilizzarmi con l’inganno avrebbe cercato di convincermi a anticipare il matrimonio e poi di attribuirmi il suo bambino. Ero angosciato ero travolto dalla mia stessa volontà di crederle che non trovava alcun appiglio. Io non volevo screditarla, in nessun caso, anche soltanto in cambio dei giorni di serenità che nell’amarla e nel pensare che… (si commuove) mi ricambiasse avevo avuto. Però, alla fin fine, era del tutto ragionevole ripudiarla in segreto, senza rimproveri né accuse, andarmene via, per qualche tempo, lasciare le cose a stemperarsi con naturalezza, magari a qualcuno immaginare, perché no?, che fossi io ad avere qualcosa da rimproverarmi anche se non rimproverato. La famiglia di lei l’avrebbe accolta ed aiutata. Quanto al bambino… Ma è inutile fare queste ipotesi, perché venni indotto in senso opposto da un sogno che feci o forse è più esatto riferirvi che lo stesso Angelo del quale Maria aveva parlato mi contattò attraverso un sogno e mi chiese di dirgli le ragioni del mio turbamento. Io con franchezza, perché lo sappiamo che nei sogni non si mente, risposi che se lui era un Angelo come ne aveva tutta l’aria avrebbe dovuto anche conoscere la situazione e le mie ottime ragioni. Allora egli disse senza offendersi di quella mia sincerità che indubbiamente era al corrente delle cose, ma essendo tenuto a dimostrarmi ogni rispetto e riverenza voleva che fossi io a spiegargli quello che volevo. Secondo me sperava che io mi liberassi dei miei dubbi esplicitandoli e dopo averli ben sfogati più facilmente avrei recepito le sue correzioni. Così infatti avvenne e lui quando io mi fui spiegato innanzi tutto definì condivisibili o meglio mi disse comprensibili i ragionamenti che facevo, salvo che i fatti sopra i quali mi fondavo avevano un’altra spiegazione e non la mia. Poi non lo so quanta finezza introspettiva sia giusto attribuire a una natura angelica, difficile dirlo per un falegname, ma certo è che l’angelo di Dio dentro a quel sogno usò le parole che più mi auguravo di ascoltare, benché per un verso le temessi, e cioè che Maria mi aveva detto la verità; perciò io non solo senza ripudiarla, ma accettando sia lei come mia sposa sia il figlio prossimo di lei per fargli da padre putativo, sarei rimasto a pieno titolo al centro del piano di salvezza nel quale Dio stesso già mi aveva collocato.


(Torna in scena Maria)


MARIA - Io voglio sottolineare che la scelta di Giuseppe fu assolutamente libera: un sogno è un sogno, niente più, non è una formale apparizione, avrebbe potuto disattendere quelle richieste molto più facilmente di me. Per questo Dio vuole che a Giuseppe sia riconosciuto il pieno merito dei sacrifici che egli scelse unicamente per bontà. Io sono buona testimone che Giuseppe era nel pieno del vigore e che mi amava, guardate non era affatto un vecchio, poteva sembrarlo accanto a me che avevo solo sedici anni, così figuratevi il significato di rinunciare alla sessualità per tutta la vita che gli rimaneva. Per lui come per me, ma io avevo in cambio come dire l’esplosione spirituale e fisica della mia prossima maternità che mi appagava, lui non poteva rifugiarsi come me di giorno e di notte in quel compenso. E voglio aggiungere, finché Giuseppe gli fu accanto, credo che mai nessun bambino abbia avuto o avrà un padre altrettanto amoroso e sollecito quanto lo ebbe il mio Gesù, e che la notte del mio parto quando comprese che il momento era venuto fu per me molto commovente vederlo confondersi e agitarsi da farmi sorridere di lui fra doglia e doglia - e averne il motivo era un sollievo. Non mi aspettavo certamente che fosse un esperto di travagli femminili, perciò preferii, quando le doglie si intensificarono, pregarlo di uscire e recarsi al paese di Betlemme per cercare una buona levatrice.


(di sfondo)


ELISABETTA - (a Zaccaria) Lui almeno è servito a qualcosa, tu neanche parlavi.

(Zaccaria si limita ad allargare le braccia)




(in scena)

GIUSEPPE - Io non avevo inclinazione all’umiltà, mi ha sempre fatto un po’ arrabbiare questa diceria. Voglio chiarire che non essendo né sapiente né un mago della parlantina e tanto meno un seduttore non ero però neppure un fesso. E se la complessa condizione che ho vissuto mi ha sempre lasciato in fondo in fondo qualche dubbio, nemmeno ho trovato un buon motivo per sottostimarmi. Poi si capisce il sentimento per Maria mi influenzava fortemente, chiedeva di essere mia moglie promettendomi ogni sua cura e fedeltà e amore vero in tutti gli aspetti tranne uno, in fondo ebbi un figlio che agli occhi del cielo e della terra era anche mio. Non voglio affermare che il mio fosse un calcolo di convenienza, è vero però che la mia scelta mi fu largamente compensata. Sia Maria sia Gesù finché vissi, non molto a lungo ma abbastanza per vederlo crescere, mi diedero entrambi una larga misura di consolazione.


(Un cambio di luci, o di scena, o in ogni modo un breve stacco)


GIUSEPPE - Qui voglio aggiungere una cosa che forse vi interesserà riguardo alla notte anzi al momento in cui Gesù fu partorito. Io avevo dunque già lasciato la sua grotta su richiesta di Maria per andare a Betlemme alla ricerca di una levatrice. Non ho pensato lì per lì che per l’Unigenito di Dio non c’era bisogno di un aiuto a entrare nel mondo e nella vita né riflettei che in quel frangente nessuno doveva presenziare al suo distacco materiale dalla madre, furono gli angeli del Cielo e il Cielo stesso a provvedere. Sicché mi trovavo in aperta campagna e in piena notte. E mentre stavo camminando ecco non camminavo più, mi accorsi che l’aria intorno a me restava immobile, l’intero universo come attonito, e gli uccelli notturni si erano fermati. Vidi per terra una scodella e alcuni operai sdraiati intorno, ma quelli che avevano la bocca piena non mangiavano e quelli che stavano prendendo il cibo non lo portavano alla bocca, i visi di tutti erano volti verso l’alto. E vidi le pecore condotte al pascolo bloccate in diverse posizioni che non si muovevano e il loro pastore col bastone già alzato per percuoterle che aveva la mano irrigidita su quel gesto. E vidi i capretti accanto al fiume, tenevano il muso a filo d’acqua ma non la bevevano e insomma ogni cosa in quel momento era distratta dal suo corso.


Poi una donna che scendeva la montagna mi avvicina e mi fa: "Tu! Dove vai?" "Cerco una levatrice ebrea" le dico io. E lei: "Sono io una levatrice. Perché quella donna partorisce in una grotta?" "Perché nessuno ci ha voluto" mi lamento io, "che almeno il bambino abbia un riparo". E lei: "Sei tu il padre?" Allora dovetti precisare che Maria aveva concepito per intervento dello Spirito. Lei mi guardò come se io stessi scherzando, poi vide che no che non scherzavo e allora chiese: "Ma è possibile?" Le dissi che invece di star lì a perdere tempo venisse a vedere e ad aiutarci. Quando arrivammo, c’era una nuvola all’imboccatura della grotta, mentre al suo interno c’era una luce tanto forte che feriva gli occhi. A poco a poco si attenuò e ci apparve il bimbo attaccato al seno di sua madre.


MARIA - Il giorno che il bimbo venne circonciso ero felice più di quanto mai lo fossi stata. Tanto orgogliosa di mostrarlo che non diedi peso ad un avvertimento. Un uomo chiamato Simeone, lodando Dio per quanto aveva visto, parlò di una spada che mi avrebbe trapassato il cuore. Pensai che volesse riferirsi alla mia morte che non mi dava in quel momento alcuna pena. Gioivo semmai dell’esultanza che quell’uomo santo aveva voluto esplicitare. Mi rese orgogliosa della mia maternità. Diceva al Signore Onnipotente che avendo visto coi suoi occhi realizzarsi la più importante fra le speranze di Israele era pronto a lasciare questa vita. Non colsi perciò la sua lungimiranza. Già quella gioia conteneva un presupposto che avrebbe segnato con il sangue l’amore di Dio per ogni uomo.


GIUSEPPE - La prima ferocia fu di Erode che interpretando a proprio danno il senso delle profezie decise di uccidere Gesù. E poiché i Magi non fornirono le indicazioni necessarie preferì mettersi al sicuro facendo uccidere tutti i bambini che avevano meno di due anni. Io sempre in sogno ebbi dall’Angelo l’indicazione del pericolo. Seguendo il consiglio fuggimmo in Egitto appena in tempo.


(Ritorna in scena Elisabetta)




ELISABETTA - Anche il mio piccolo Giovanni correva il medesimo pericolo. La voce che Erode faceva uccidere i bambini sparse il terrore in ogni casa e presto arrivarono anche le prime descrizioni della strage. Io presi Giovanni e salii fino in cima alla montagna cercando un rifugio per nasconderlo. Il monte subito si aprì per accoglierci in una caverna. E c’era una luce che filtrava dall’esterno indicando che un angelo era lì dislocato a custodirci.


GIUSEPPE - Quando per me come per tutti arrivò il tempo ed il mio corpo si ammalò venne un Angelo a dirmi: " Tu morirai entro quest’anno". Io corsi al Tempio e pregai Dio di darmi aiuto perché della morte avevo moltissima paura come ogni uomo ed animale.


MARIA - Avvicinandosi l’ultimo giorno della sua vita che fu il 26 del mese di Epep, l’oro purissimo della sua carne cominciò a modificarsi e anche l’argento della saggezza si alterò.


GIUSEPPE - Sul fare del giorno venni colto da una grande agitazione nel mio letto. Mi prese un dolore molto forte e mi diedi a gridare ad alta voce.


MARIA - Poverino, impaurito straparlava. Allora Gesù si pose al suo capo e io ai suoi piedi. Gesù posò il palmo della mano sul suo petto e rilevò che la sua anima era già passata nella gola, pronta per essere portata via. Vedendo Gesù palparne il corpo io ne presi a mia volta fra le mani i piedi. Sentii che i suoi piedi erano ghiacci. Pensai che al tocco di Gesù la febbre lo avesse abbandonato. Ma Gesù volse lo sguardo in direzione Sud e vide la Morte penetrare nella nostra casa seguita dal diavolo e da una gran folla di satelliti infuocati la cui bocca emetteva fumo e zolfo. Allora gli occhi di Giuseppe spaventato perché ripensava ai suoi peccati si riempirono di lacrime. Io non vedevo altri che lui ma Gesù intese dal sospiro di Giuseppe che aveva visto le Potenze a lui ancora sconosciute: e fu Gesù che alzò la voce a minacciare il diavolo cacciandolo via con tutto l’esercito terribile dei cacciatori delle anime. Queste e altre cose mi spiegò Gesù, mi disse ad esempio che il suo spirito, quando Giuseppe lo esalò, fu avvolto dagli angeli in finissimo un tessuto. E quando Gesù ebbe terminata ogni preghiera discese un’altra moltitudine di angeli e due di essi distesero un manto sul suo corpo che venne da loro seppellito accanto ai resti dei suoi padri.


Ma quello che io volevo dirvi soprattutto è che Giuseppe fu un grand’uomo. Io non avrei potuto farcela a reggere il peso del mio ruolo se non lo avessi avuto al fianco. Morto che fu, la sua mancanza faceva un vuoto molto grande, perché fu un appoggio insostituibile della mia vita. Anche Gesù ne soffrì molto. L’ ho visto commosso rovistare piangendo negli attrezzi e nella scorta di legname per finire i lavori cominciati. Senza che tutte le premesse lo impedissero, Gesù ebbe in lui un vero padre e Giuseppe in Gesù un meraviglioso figlio. Oggi in realtà ringrazio il cielo che gli ha risparmiato di vederlo sulla croce. Io non so come le mie viscere e tutto il mio essere abbiano retto a quello strazio ma so che lui col suo senso sincero di paternità sarebbe stato forse l’unico a ribellarsi senza farsi intimidire da nessuno e quando ciò fosse risultato inutile gli si sarebbe certamente frantumato il cuore.


ELISABETTA - Mio figlio Giovanni fu il precursore del Messia Gesù. Nel darne l’annuncio ebbe funzione pari a un angelo e io sono certa che gli fu riconosciuta anche dal cielo. Poi vi è ben nota la sua vita di battista e la sua fine. Il giorno in cui lo fece uccidere, Erode Antipa unì il suo sangue a quello dei piccoli innocenti che già suo padre Erode il Grande aveva sterminato. La scia di sangue si allungava. Quel sangue è il legame principale che mi ha accomunato con Maria. La nostra esistenza ha avuto radici parallele. Più avanti il sangue di Gesù ci ha accomunato tutti. Quando Giovanni fu decapitato io non c’ero più al mondo e sebbene ogni male ogni violenza e crudeltà siano sofferti anche nei cieli il beneficio del disegno in cui rientrarono le loro morti me le fece apparire meno amare. Il dolore di madre che invece toccò a Maria vivente fu davvero una prova spaventosa.


MARIA - Solo in quei giorni di cattura processo e morte di Gesù chiarii con me stessa la profezia del sacerdote Samuele. Più che una spada mille spade trapassarono il mio cuore. Ma tutti voi già conoscete quegli eventi e non credo che sia molto difficile immaginare il mio dolore. Il punto complesso fu il senso interiore di devastazione che mi derivò, come se tutto, i sentimenti anche i ricordi e la mia stessa facoltà di ragionare fossero stati eliminati. Quando quei fatti ebbero termine e fu esaurita ogni mia lacrima e capacità di lamentarmi vi dico che in me restò un deserto, sabbia più fine della polvere che interruppe la via della ragione, velò i ricordi e inaridì completamente le mie sensazioni. Cessai di parlare e di mangiare. Mi sedetti e nient’altro, rimasi impietrita lì dov’ero. Lasciavo che il tempo e tutto il resto scivolassero sopra di me ma li escludevo da me stessa. Ero cosciente di una cosa unicamente, che avevo vissuto per intero la mia parte; e che l’ingiustizia e anche l’orrore della morte di mio figlio mi avevano messa in una condizione a cui non sapevo corrispondere. Vedevo e sentivo intorno a me la vita scorrere ma credo che il cielo per misericordia abbia sancito un’eccezione: così come quando misi al mondo il mio Gesù Giuseppe all’aperto nella notte colse il blocco emozionato di ogni ordine della Natura in una visione d’infinito. Anche per me sul mio dolore insopportabile scese una sorta di apatia che mi impediva di reagire. Credo al di là di ogni diversa considerazione che un’offesa simile al vincolo di maternità arrivi a trafiggere di commozione perfino il più alto dei misteri. Non furono certo né il dolore oltre misura né il soccorso ricevuto dagli amici a chiarirmi l’esatta condizione nella quale mi trovavo, io avevo accettato dapprincipio ma non per questo assimilato chiaramente la sua dimensione di assoluto. Anche invecchiando non ero uscita dalla medesima semplicità nella quale ogni cosa era iniziata. Avevo assistito a molti eventi dei quali in me stessa non trovavo spiegazione, né la cercavo, badavo soltanto a corrispondere alla mia funzione e io lo ripeto è questo che io da sempre ho fatto, la madre con tutte le mie povere capacità coi miei ritegni le mie gioie e le paure, però non sapevo che la spada che doveva trapassarmi il cuore lo avrebbe fatto attraversando innanzitutto lui. Così mi trovavo nella casa dell’apostolo Giovanni ridotta a uno stato involontario di sopravvivenza, morto Gesù la mia funzione a suo riguardo era conclusa, ne avevo pagato senza sconti tutto il prezzo - io ve lo dico lo stesso angelo di Dio che era venuto inizialmente ad annunciarmi la mia condizione avrei voluto che tornasse a cancellarmi dalla mente tutte le immagini di sofferenza che non riuscivano a staccarsi più e se lui fosse ricomparso ad annunciarmi la mia morte l’avrei certamente ringraziato.

Fu invece una donna e non un angelo a risvegliare una per una le mie facoltà e a rimettermi il sangue in movimento: arrivò in modo rumoroso e passionale eppure io dico che il suo ruolo non fu da meno a nessun angelo. Entrò nella stanza dove mi trovavo, io non sapevo né che ora né che giorno fosse, ne avevo perduto cognizione (Entra Maria Maddalena di precipizio), entrò senza chiedere permesso e senza il ritegno che fra noi avevamo sempre mantenuto.


(Se ne vanno tutti i personaggi dallo sfondo, da dove l’avevano fin lì ascoltata silenziosamente ma con evidente comprensione)


M.M. - Maria, ascoltate! (E’ molto eccitata. Prende fiato per la corsa appena fatta. Maria non si volta e non si muove, salvo alzare una mano per fermarla)


MARIA - Lo sai anche tu, vi avevo pregati di lasciarmi sola.


M.M. - Maria, non potevo non venire.


MARIA - Ho chiesto rispetto. Ti è così difficile?


M.M. - Non il rispetto, ma il silenzio, perché ho da informarvi …


MARIA - Se anche tu avessi da avvertirmi di un pericolo, se là fuori ci fossero guardie o soldati per portarmi via, lascia che facciano, il torto più grave l’ ho già avuto.


M.M. - Maria, non è questo.


MARIA - E’ terminato anche il mio compito da quando Gesù ha esaurito il suo.


M.M. - E se io vi dicessi che non è così?


MARIA - (Indurisce la voce e si metterà in piedi ad affrontarla) Maria Maddalena io ti ho parlato di rispetto perché ricordassi che ti ho sempre rispettata, anche quando Gesù mi trascurava, portava in giro in lungo e in largo la predicazione e non ti impediva di seguirlo - non a te - tu lo affiancavi assiduamente non so in quante ore dei suoi giorni e delle notti e per quali scambi di … complicità, però mi ricordo quante volte le mormorazioni non solo di estranei anche di quelli che più amava arrivavano a me per via del mestiere che tu avevi fatto e per gli eccessi di indulgenza di Gesù e la grande considerazione nella quale ti teneva, sempre ascoltata ed apprezzata nei giudizi, è vero o no?


M.M. - Guardate che non…


MARIA - Io respingevo fermamente quelle critiche perché lo sapevo erano più rivolte a lui che non a te; e se non c’è uomo quasi mai che si senta di infrangere le regole affidando alle donne una maggiore considerazione, nemmeno io posso negarle, posso soltanto rammentare due eccezioni, una fu quella di Giuseppe, che seppe donarmi per intero il suo amor proprio, e l’altra mio figlio che non ha avuto alcun ritegno di trattenerti al fianco suo o alle sue spalle in tutte le occasioni.


M.M. - Aveva capito che lo amavo e gli credevo, tutto qui.


MARIA - Amarlo era facile ma credergli forse molto meno, lo hai visto anche tu cosa ne è stato del suo grande esercito di ammiratori quando ha accettato di morire, non si è nascosto né difeso e tu cosa credi che a una madre come me che avevo accettato la sua nascita per come avvenne senza chiederne il motivo, pensi che sia altrettanto facile accettare la sua capacità di sacrificio e assimilarne tutto il fiele? Mi si è avvelenato interamente il corpo, lo capisci o no? Credo che basti un’emozione molto piccola a darmi il colpo decisivo.


M.M. - E io perciò esito. Ma non posso neppure non parlare.


MARIA - Aspetta - aspetta: prima mi voglio liberare del mio debito con te.


M.M. - Ma cosa dite, quale debito, nessuna critica da parte vostra è mai arrivata fino a me.


MARIA - Certo che no, c’erano troppe malelingue che ti criticavano perché mi mettessi a farlo anch’io. Ma io nel mio intimo, te lo confesso, ho avuto momenti di reazione, di te nessun angelo mi ha prevenuto, io non sapevo quale fosse il ruolo tuo. Potevi non essere da Dio, ma dal Maligno - perché no? Scusa se parlo con franchezza.


M.M. - Io sono stata liberata dal potere del Maligno, da Gesù.


MARIA - Sai quanti venivano a lamentarsi della predilezione che lui aveva per te? Io mi sforzavo di calmarli ma le loro insinuazioni avevano pure una ragione, che lui ti stimasse e ti gradisse era palese, era un uomo, trentenne, di grande attrattiva personale; e tu una donna di esperienza, seducente, sapevi quello che volevi.


M.M. - Che lui mi avesse affascinato, non c’è dubbio.


MARIA - Guarda che io probabilmente sono stata l’unica o una dei pochi a non avere mai creduto che tu fossi la sua amante. La mia gelosia non era questa. Io ragionavo nella mia semplicità che se per la sua nascita, anziché usare la strada seguita per Elisabetta, che concepì un figlio per Grazia di Dio ma dal marito - se per me invece si è deciso per un Figlio senza tramite direttamente della Grazia perché consacrassi ogni mia fibra al suo destino, ho sempre pensato che anche lui vi si è dedicato interamente senza mai fare un’eccezione, né per sua madre né per te.


M.M. - Certo.


MARIA - E così non mi sono rifiutata neanche a questo, fino ai suoi ultimi momenti, abbiamo perfino condiviso i pianti sprecati della sepoltura.


M.M. - Maria, non è il caso di pensarci.


MARIA - Uso una corda del mio essere che non ho mai utilizzato, gestisco il dolore rifiutando ogni compianto, faccio da sola, è già un sollievo.


M.M. - Maria, sono qui per riferirvi una notizia.


MARIA - Cadrebbe nel buio, dillo agli altri.


M..M. - L’ ho già fatto. Lo sanno Giovanni e Simon Pietro.


MARIA - E dove sono?


M.M. - Corsi là.


MARIA - Corsi là dove?


M.M. - Alla sua tomba.


MARIA - E tu con le donne siete andate a profumarlo?


M.M. - Appena il Sabato è finito.


MARIA - Allora ogni cosa è stata fatta. (M.M. si inginocchia davanti a lei) Perché ti inginocchi?


M.M. - Per supplicarvi di ascoltarmi e perdonatemi se non so dirvi in altro modo le cose che sono qui per dire.


MARIA - Maria Maddalena, ti ho già detto, credo che ormai niente e nessuno possa sconvolgermi più di così. Tirati su.


M.M. - Ma se un’altra emozione vi può …


MARIA - Cosa? Sarebbe già molto se riuscissi, a procurarmi un emozione. Coraggio, dai, alzati.


M.M. - Voglio parlarvi come a una regina.


MARIA - Niente di quello che ho veduto e che ho sofferto lo giustifica. A parte che ignoro com’è fatta, esattamente, una regina.


M.M. - Vi giuro che so quello che dico. ( Si alza)


MARIA - Non ne dubito. C’è qualcun altro che lo sa?


M.M. - I due con i quali ho già parlato. Però sono corsi a controllare.


MARIA - Alla tomba?


M.M. - Alla tomba.


MARIA - Maddalena ora sì, avevi ragione, ora mi fai paura.


(Torna a sedersi)


M.M. - Che avreste pensato se arrivando alla sua tomba aveste visto che era vuota?


MARIA - (dopo un attimo) Avrei … Tu che hai fatto?


M.M. - Ho cominciato a piangere e a domandare a voce alta dove lo avevano portato. C’era lì appresso un ortolano che sentiti i miei lamenti mi chiede che c’è chi stai cercando, e poi perché piangi e con chi parli senza un interlocutore, e io gli ho spiegato la scomparsa di Gesù. Pensavo che avessero voluto fargli pagare fino in fondo la condanna e seppellirlo nella fossa come gli assassini.

(Si avvicina a Maria che è sempre più spaventata da quello che lei le sta dicendo)

Quell’ortolano. Non era davvero un ortolano. Lui mi ha guardata e mi ha sorriso e mi ha chiamata col mio nome. Vedevo una luce intorno a lui oppure era il sole che filtrava tra le lacrime e forse mi ha preso una vertigine ma era la voce di Gesù. Non quella di un angelo né un’illusione ma era lui. Mi ha dato istruzioni per gli apostoli e quando ho cercato di toccarlo non l’ha consentito. Ho smesso di piangere e mi sono asciugata bene gli occhi per vederlo chiaramente, già tante volte avevo letto nel suo sguardo i sentimenti più segreti che non pronunciava, la nostra intesa era fortissima, le cose che mi sentivo dentro, la mia mente ne rimanevano condizionate ma un batticuore così forte non lo avevo mai avuto e anche se lui ci aveva detto in modo esplicito che sarebbe risorto il terzo giorno io quale amore quale fede ero riuscita a dimostrargli senza andare a morire accanto a lui? Così nel vedermelo davanti mi sentivo perdonata e inadeguata, la gioia era come aver bevuto, lui mi era entrato nella vita per accendermi, adesso ero io che mi sentivo trasportare da quel fuoco, poi quando lui mi ha congedato e mi affannavo per raggiungervi credo che avessi le ali ai piedi, ho detto a Giovanni e a Simon Pietro che il Signore era tornato in vita e loro non si capacitavano, la verità è che lo dicevo non so se piangendo o se ridendo e loro pensavano che io fossi andata fuor di senno perciò sono corsi su al sepolcro per verificare - forse cercavano una verità meno impossibile e io sono subito venuta qui. Maria, non è stata un’allucinazione non è un sogno e adesso per gradi ve l’ ho detto. Ma se anche voi non mi credete almeno ditelo e io… se ci riesco non ne parlo più a nessuno. (Non ottiene risposta) Ora vi lascio.


(Maria la ferma con un gesto)


MARIA - Ma no, ma che fai, rimani lì. ( Si alza e va verso di lei) Anche per me è molto difficile risponderti. Farò come te, dirò quel che sento e ciò che penso senza fare distinzione.


(M.M. vorrebbe nuovamente inginocchiarsi ma

Maria glielo impedisce)


E’ stato il mio corpo a mantenerlo, la materia della quale si nutriva e costituiva era la mia. Il nostro rapporto era inscindibile, questo lo devo precisare innanzi tutto.


M.M. - Era già chiaro.


MARIA - A parte il sigillo dell’origine di quella vita, e a parte che forse di ogni vita io da quel giorno mi domando che misura di mistero possa avere, il resto era stato conferito per natura a me. Che l’ ho gestito esattamente come tutte le altre donne. Semmai senza incognite, o complicazioni. Il parto mi è stato facilissimo. Giuseppe era andato a cercare per me una levatrice ma quando è tornato con la donna anzi con due il bambino era già nelle mie braccia. Gesù era bello ed era sano e l’ ho sentito francamente così mio, io sono quella che per prima ho potuto sentire la sua voce e il suo calore su di me. Ho visto i pastori che si affacciavano meravigliati perché dicevano che dalla grotta usciva una luce mai veduta. Quando rimasi con Giuseppe gli ho dato il bambino da tenere, gli ho detto prendilo il figlio è anche tuo e lui aveva un’espressione indescrivibile, preoccupatissimo dall’incombenza e poi così tenero nel vezzeggiarlo con quelle sue dita grosse e ruvide sfiorava la bocca e la punta del naso del neonato.


M.M. - Io non ho mai avuto figli e da bambina neanche un padre accanto a me.


MARIA - Sto solo cercando di spiegarti.


M.M. - Mi piace sentirtene parlare. Ti prego.


MARIA - Poi mi hanno resa ancor più madre i mesi nei quali l’ ho allattato, non credo che gioia né piacere di una donna arrivino ad essere altrettanto intensi quanto sentire le labbra del piccolo e il taglio smussato delle sue gengive e quelle manine che si aggrappano e che premono e intanto il mio latte e insieme al latte la mia anima scorrevano in lui per soddisfarlo.

Poi lungo tutta la sua infanzia provvedere a tutto, baciarlo ogni volta che potevo e divertirmi a farlo ridere, lasciarmi commuovere e consolarlo di ogni pianto. Anni di piena dedizione alla maternità e lui ricambiava con la crescita e il suo affetto la nostra totale dedizione. Ti sto parlando sia di me che di Giuseppe. Stringere il naso di Giuseppe e tirargli la barba fino a fargli male credo che almeno per un anno sia stato il maggior divertimento per entrambi. Io non mi sono lamentata e tanto meno opposta quando Gesù ha lasciato me e la nostra casa per seguire la sua strada. Giuseppe era morto e vedere mio figlio andare via era una cosa - una rinuncia amara. Non ero esigente o possessiva. Tu stessa lo puoi testimoniare, fosti tu nella sua vita a subentrarmi.


M.M. - Io sono nata il giorno che ho conosciuto lui.


MARIA - E io ci ho sofferto e ti confesso doppiamente quelle critiche così scontate, non dico per questo incomprensibili, anche a me dava peso la tua fama. Vedevo i pericoli che lui correva privilegiando nei discorsi e col tuo esempio prostitute e pubblicani e poi le polemiche coi sacerdoti, la sua popolarità - e che frequentasse gli zeloti almeno alcuni allarmando l’esercito romano. Erano in tanti a suggerirmi di frenarlo, sentivo reazioni che crescevano mi spaventavano perché si facevano sempre più dure.


M.M. - Lo so bene.


MARIA - Ti dico questo solo per sottolineare che io sono stata e che rimango la sua madre naturale - di carne di sangue e di emozioni e sentimenti umani.


(A partire da qui farà molta fatica a trattenere le lacrime, presto

non riuscirà più, ma sarà un pianto senza pietismo né retorica, Maria

dall’inizio è un personaggio trasparente sempre sincera in quel che

dice)


Perché in tutto quello che è accaduto dalla sua cattura in poi non posso prescindere dal punto di vista materiale, ho visto ferire martoriare e disprezzare quella carne che ho baciato mille volte, che il buon Giuseppe vezzeggiava commovendosi per un bambino che non era neanche il suo, ho visto calcare brutalmente una corona di tortura nei capelli che io per prima ho pettinato, gli ho visto piantare orribili chiodi grossi un dito in quelle mani che baciavo da bambino, l’ ho visto spegnersi di sofferenza sulla croce e ancora mi chiedo come sia stato possibile che uno dei tanti falegnami della zona come lui con quale animo e con quale forza avesse potuto costruirla, quella croce, e poi l’ ho cullato da cadavere sopra le braccia e in quel momento ho ripensato a quando l’ ho messo nella mangiatoia, ho visto la gente che attorniava il suo supplizio pensando a quei semplici pastori che lo avevano adorato e tu capisci almeno spero che se piango (Abbraccia la Maddalena, stanno piangendo tutte e due) e voglio piangere fra le tue braccia non è perché io non abbia udito compreso o creduto a quello che tu sei qui per dirmi, so che il mio corpo e che il mio spirito non contraddicono le cose che tu adesso mi dici, non nego che sia la verità. Guarda che non ho mai preteso di capire fino in fondo, non solo le gioie anche le pene fanno musica cavandola sempre dalle stesse note, il che non significa che le une sostituiscano le altre e se lui è tornato dalla morte questo gli viene non da me ma dallo Spirito che lo ha voluto generare usando me; ma io che ho avuto e che ho gestito la chiara funzione di esser donna, dargli la carne che serviva a farlo uomo, non posso ora smettere di fare i conti con le cose che ha subito, dimenticare in quale modo lui mio figlio mi guardava dalla croce e che neanche morendo abbia potuto consolarmi rammentandomi che in pochi giorni il nostro mondo si sarebbe capovolto, è morto da uomo e come un uomo pari a tutti gli altri mettendo alla prova voi e me fino al suo ultimo lamento.


MM - Io mi rimprovero. Avremmo dovuto …


MARIA - Era un disegno. Hai fatto anche tu quel che potevi, l’ hai affiancato finanziato lo hai amato e ora lo vedi sei a fianco a me. Mi porti l’annuncio più gioioso e sconvolgente che potessi darmi. Tu sei l’eletta, io la madre - è una cosa diversa.


MM - Ma sì, figuratevi, lui era lì vivo e risorto e io l’ ho confuso con un ortolano. Che vergogna.


MARIA - E piangi per questo? Sei la prima alla quale ha voluto dimostrarsi. (Le sorride) Perdonami un pizzico di invidia, non si è ancora mostrato neanche a me.


M.M. - Faceva così, voi lo sapete. Prima gli ultimi.


MARIA - E’ ciò che ha voluto e sono certa che aveva degli ottimi motivi. Punto e basta. Secondo lui e credo secondo verità, io per istinto e tu per scelta, noi due siamo quelle che lo abbiamo maggiormente amato - entrambe donne e questo conta. In quanto al titolo che tu mi davi… non sono mai stata una regina - ma forse lo diventerò, visto che lui è ritornato come Re dei cieli. E dunque inginocchiati. Questo è il momento.


(M.M. si inginocchia davanti a lei. Maria le posa le mani sul capo)


Anch’io onorerò la tua importanza, come ha fatto lui. Perché è giusto così, di fronte a tutti. Perfino gli angeli di Dio. I cieli e le stelle. Io non ho dubbi.


fine




























Note

"L’angelo di Dio" è il terzo testo di un progetto, iniziato con "L’uomo di Arimatea" e seguito da "L’ultimo Cliente". Tutti e tre si riferiscono alle medesime circostanze (la vita e la morte di Gesù), ma i rispettivi approcci alla ricostruzione degli eventi e alle loro dinamiche teatrali sono abbastanza diversi fra loro.


Dirò, semplificando un po’ troppo, che ne "L’uomo di Arimatea" ho maggiormente utilizzato gli aspetti politici che collegavano i fatti alle persone; ne "L’ultimo Cliente" quelli drammatici e più passionali; mentre con "L’angelo di Dio", su quegli stessi temi, ho lasciato più spazio alla poesia.


Ho dedicato e legato "L’angelo di Dio" anche al fascino delle apparizioni. Sono convinto che non sia affatto detto che gli angeli si manifestassero assumendo sembianze propriamente umane. Non vedo perché dovremmo darlo per scontato. Che tale ipotesi sia stata utile all’iconografia si può comprendere, e alla fin fine lo sappiamo, il valore del simbolo resta di là dell’espressione che lo suggerisce. Ma le dimensioni del teatro, sicuramente più di tre, mi inducono a credere probabili, rappresentabili e francamente più accettabili apparizioni che trovassero dei modi meno materiali.


Un altro punto da osservare è che fino ai tempi raccontati nei Vangeli erano solamente angeli i delegati celesti ad apparire: diversamente da quanto avvenne poi. Inoltre, le loro apparizioni tendevano a incidere direttamente su un evento (o ad annunciarlo): interventi precisi, pragmatici, d’urto, rivolti ai diretti interessati.


Va però detto che i Vangeli presuppongono anche altre importanti comunicazioni: si pensi a Maria che rivela a Giuseppe la sua gravidanza; o alla clamorosa annunciazione che venne affidata da Gesù alla Maddalena. Angeli anch’esse, l’una e l’altra (e anche Giuseppe); e già lungo il corso della loro vita, certo non angeli minori.


m.b.

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