giovedì 17 gennaio 2008

PER COLPA DI TUTTI QUESTI ROMANZI E FILMS FALSI E BLASFEMI LA GENTE FA CONFUSIONE SU TUTTO IL CRISTIANESIMO COMPRESA S.M.MADDALENA

Le due Maddalene
Da: anti(at)tini.it (Antitroll)
Gruppi: it.cultura.religioni
Organizzazione: http://www.newsland.it/
Data: Sep 25 2007 12:06:55

Il seguente messaggio è stato da me postato un paio di anni fa su di un
altro forum.

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In un precedente post ho affermato che Mariamne di Magdala fu la madre di
Gesù e che sposò (in seconde nozze) Giovanni il Battista. Molti tra coloro
che hanno letto questo post probabilmente hanno sorriso, pensando ad uno
dei tanti "scoop" che appaiono nei forum e che si vogliono far passare per
mere fantasie. A volte è così, ma non sempre. Con l'"affair" Il Codice da
Vinci sono apparse le più strane ed a volte le più sconcertanti fantasie
in merito all'argomento; del resto prevedibili per una vicenda che, grazie
soprattutto al Vaticano, è diventata argomento di discussione in molti e
variegati ambienti.

Ovviamente gli "scagnozzi" e i vari pasdaran dislocati da clero per
disinformare e mascherare quanto emergerva in internet e nei canali
mediatici, sia pubblici che privati, non prendevano di mira solo le mere
fantasie, ma anche e soprattutto ciò che fantasie non erano! Così, è molto
probabile che tra coloro che hanno letto i miei post ci siano stati anche
di quelli che hanno aggrottato la fronte: testimoni "informati" dei
fatti!....

Tornando al discorso di Mariamne e di Giovanni, ci sono, come è stato
detto, documenti cristiani in lingua copta del III secolo in cui è
affermato esplicitamente che Maria Maddalena era la madre di Gesù. Per
coloro che non avessero letto tutti i miei post, giova ribadire che vi
furono DUE Maddalene, per cui l'affermazione secondo la quale Maria
Maddalena (Mariamne di Magdala) fosse la madre di Gesù non è
inconciliabile con l'affermazione, divenuta oggetto di polemiche in tutto
il mondo, grazie a Dan Brown, secondo la quale Maria Maddalena (Maria
Elena Salome di Magdala) fosse la moglie di Gesù!

Secondo il clero falsario, l'espressione "di Magdala" vorrebbe
sottintendere il concetto "proveniente da Magdala": una presunta località
nei pressi del lago di Tiberiade. Oggi, in effetti, tale nome appare nelle
mappe geografiche, ma questo è dovuto alla sconcertante attività falsaria
del clero, la quale non si è limitata alle sole testimonianze letterarie,
ma ha coinvolto anche la geografia e l'archeologia, oltre che la storia!
Sino al IV secolo, infatti, la località "Magdala" era sconosciuta e per
gettare fumo negli occhi degli ignari pellegrini che si recavano in visita
in Terrasanta (fenomeno che ebbe origine proprio in quel secolo, sulla
scia dei viaggi compiuti da Elena, la madre di Costantino, in
Medioriente), vennero ribattezzate con tale nome due località: Magadan
(citata anche nei vangeli e NON indicata come località di provenienza
della Maddalena), per chi sosteneva che tale sito si trovasse ad est del
lago di Tiberiade; Dalmanutha, per chi sostesteneva invece che si trovasse
ad ovest. Ovviamente, nella realtà le cose non stavano affatto così e "di
Magdala" voleva dire ben altro che proveniente da una località chiamata
Magdala!!..

Tuttavia, per il nostro scopo possiamo anche accettare che la verità fosse
quella sbandierata dal clero falsario. A questo punto la domanda: se due
donne, chiamate entrambe Maria, provenivano dalla stessa località chiamata
Magdala, cosa ci può essere di strano se entrambe fossero state indicate
come Maria di Magdala o Maria Maddalena?...Da tenere presente, tuttavia,
che solo una si chiamava Maria, mentre l'altra, la madre di Gesù, si
chiamava in realtà Mariamne. L'altra "Maria di Magdala" si chiamava Maria
Salome, detta Elena, detta Sara. E' tuttavia probabile che la donna si
chiamasse semplicemente Salome (come appare nel vangelo di Tomaso, loghion
61) e che "Maria" venne aggiunto dai falsari per creare la necessaria
ambiguità, atta a permettere loro di fondere i due personaggi in un solo
carattere.

Al fine di portare testimonianza concreta a quanto sopra affermato,
vediamo questo stralcio di articolo di mons. G. Ravasi, uno dei più
"ferrati" esegeti secondo la stima degli ambienti confessionali e laici,
apparso sul quotidiano Il Corriere della Sera di qualche tempo fa:

"..Ora, questo stesso gesto verrà ripetuto nei confronti di Gesù da
un’altra Maria, la sorella di Marta e Lazzaro (Giovanni 12,1-8). E,
così, si consumerà un ulteriore equivoco per Maria di Magdala, confusa da
alcune tradizioni popolari con Maria di Betania, dopo essere stata confusa
con la prostituta di Galilea. Ma non era ancora finita la deformazione del
volto di questa donna. Alcuni testi apocrifi cristiani composti in Egitto
attorno al III secolo, identificano Maria di Magdala persino con Maria, la
madre di Gesù! E lentamente la sua trasformazione è tale che essa diventa
un simbolo, ossia un’immagine della sapienza divina che esce dalla
bocca di Cristo.
È per questo — e non per maliziose allusioni a cui saremmo tentati
di credere a una lettura superficiale — che il Vangelo apocrifo di
Filippo dice che Gesù «amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava
sulla bocca»."

Il testo sopra è tratto dalla seguente pagina WEB:
http://www.santamelania.it/approf/2005/saggi/ravasi01.htm
Tuttavia è possibile trovarlo anche in altre, tramite un apposito motore
di ricerca.
Da notare che mons. Ravasi parla di "apocrifi cristiani" e non gnostici!

Nella letteratura mandaica ed in quella rabbinica (Talmud e Toldoth Yeshu)
ci sono precise indicazioni secondo le quali Mariamne di Magdala fu la
madre di Gesù e questo non fa che confermare quanto riportato dagli
apocrifi copti e che tanto ha fatto "arrabbiare" mons. Ravasi e tanti come
lui che hanno qualche "risentimento" verso Dio, che ha fatto riaffiorare
verità che si pensava ormai sepolte per sempre nelle "sabbie" della
storia! Ma queste sabbie, nella fattispecie quelle dei deserti egiziani,
hanno invece conservato "impunemente" tali verità, per mettere alla
"prova" il santo clero!

Chiarito quanto sopra, rimane da dimostrare l'affermazione secondo la
quale Mariamne fu la moglie (in seconde nozze, come è stato già detto) di
Giovanni il Battista. Nella letteratura dei Mandei sia Mariamne che
Giovanni il Battista appaiono come figure centrali, carismatiche del culto
di questa setta. Addirittura la tradizione mandaica vorrebbe che a
fondarla fosse stata la stessa Mariamne. Tuttavia, la figura più
carismatica della setta dei Mandei è di gran lunga quella di Giovanni il
Battista.

L'equivoco sul fatto che i mandei ritengono che Maria (Mariamne: vedi
Ippolito - Naasseni) sia stata la fondatrice della setta dei Nasurei (gli
antenati palestinesi dei Mandei), nasce dal fatto che dopo l'uccisione di
Giovanni, Maria ed il figlio Giacomo il minore (fratellastro di Gesù e
figlio di Giovanni il Battista) furono le figure principali e guide di
tale setta. In realtà la setta dei Nasurei è antecedente allo stesso
Giovanni il Battista e, con molte probabilità, potrebbe essere nata
durante il periodo della dominazione ellenica sulla Palestina.

Anche il padre di Giovanni, Zaccaria, fu sicuramente un Nasureo (o
nazareno gnostico). Ciò lo si intuisce dal fatto che i Nasurei furono
degli "esseno-pitagorici", come ricordato anche da Giuseppe Flavio (il
quale aggiunge anche che questi esseni erano particolarmente stimati da
Erode il Grande). Come si sa, un aspetto peculiare della scuola pitagorica
era rappresentato dal fatto che gli adepti novizi dovevano osservare un
periodo di assoluto silenzio, il quale poteva andare dai 3 sino ai 5 anni.
Nel vangelo di Luca, infatti, è riportato che Zaccaria "divenne" muto!

dal vangelo di Luca:

[20] «Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui
queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali
si adempiranno a loro tempo».

Il "giorno in cui le cose avverranno" era, all'atto pratico, la fine del
periodo di totale silenzio imposto agli adepti della setta pitagorica.
Ovviamente, la seconda parte del passaggio venne aggiunta dai falsari, al
fine di mistificare il tutto e mascherare la verità che si celava dietro
la vicenda.

Nella letteratura rabbinica del Talmud è riportato che il padre naturale
di Gesù fosse stato un certo "Pandera". Il filosofo Celso, che nella
seconda metà del II secolo scrisse "Del Discorso Veritiero", per confutare
tutti gli inganni del clero cristiano di allora, ci dice nella sua opera
che Gesù fu il figlio naturale di un soldato romano di nome Panthera (o
soprannominato così). Scoperto l'inganno, il marito scacciò di casa
Mariamne. Dal momento che nell'opera di alcuni padri e dottori della
Chiesa troviamo il nome "Pandera" addirittura nella genealogia di Gesù, è
evidente che l'aspetto legato a questo nome, sia che si fosse trattato di
un soldato romano che di un giudeo, era ben conosciuto nell'antichità! Non
c'è alcun dubbio che l'intenzione di chi inserì tale nome nella genealogia
di Gesù, fu per obnubilare la "strana" parentela (di cui si "vociferava")
tra questo personaggio e lo stesso Gesù!

Una variante a quanto compare nel Talmud la troviamo nell'altro lavoro
rabbinico chiamato "Toldoth Yeshu" (storie di Gesù). Qui troviamo, a
differenza di quanto compare nei testi canonici, che il marito di Maria
(Mariamne) non fu Giuseppe ma GIOVANNI. Lo "scellerato" Giuseppe Pandera,
bello ed affascinante come un "guerriero" (descrizione esplicita che ci
riporta al soldato romano citato da Celso) carpì la buona fede di Maria ed
ebbe dei rapporti con lei. Il marito Giovanni, quando lo seppe dalla
stessa Maria, l'abbandonò e parti per andarsene per sempre in Babilonia.
Nella realtà dei fatti, fu Mariamne ad abbandonare il marito, che
all'epoca NON era Giovanni, per seguire l'uomo di cui si era perdutamente
innamorata (ricordiamoci di quanto è riportato nei vangeli canonici, in
merito alla figura della peccatrice: "..ella ha molto peccato perchè ha
molto amato!"). Non a caso nel Talmud troviamo che i giudei contemporanei
di Maria la chiamarono "STADA"! (contratto della locuzione ebraica
"stah-tah-dah": colei che ha abbandonato il marito). In Giuseppe Flavio si
parla invece di un "divorzio"..

Qui troviamo, dunque, che un "certo" Giovanni fu il marito di
Maria/Mariamne. Molto importante è la citazione relativa alla partenza
verso la Mesopotamia. In realtà non fu Giovanni ad andare in Mesopotamia
(anche perchè egli finì decapitato in Palestina!) ma la sua setta, la
quale più tardi verrà chiamata "setta dei Sabei/Mandei".

Da notare l'estrema importanza che riveste l'informazione "criptica"
contenuta in questo passaggio delle Toldoth. In pratica, l'autore (o gli
autori) ci ha voluto dare con esso ben tre distinte informazioni: la
prima, che un "certo" Giovanni fu il marito di Mariamne; la seconda, che
Giuseppe NON fu il marito di Maria, come affermato falsamente nei vangeli
(infatti si trattò del padre!!); la terza, che un "certo" personaggio,
noto come Pandera e bello come un "guerriero", fu il padre naturale di
Gesù (e del suo gemello Giuda Tomaso).

Ma la prova decisiva che Mariamne di Magdala, madre di Gesù, sposò
Giovanni, ci viene dall'arcivescovo Jacopo da Varazze, il quale lo affermò
nel suo lavoro "La Leggenda Aurea". Vediamo, nell'estratto di cui sotto,
ciò che esattamente egli scrisse in merito:

«Maria Maddalena prende il nome da Magdalo, un castello; nacque da nobile
lignaggio e da genitori di sangue reale..... Alcuni dicono che Maria
Maddalena fosse sposata con San Giovanni; quando Cristo lo chiamò dal
matrimonio e quando egli fu chiamato via da lei, ella si indignò per
l'abbandono di suo marito e si diede ad ogni tipo di lussuria. Ma poiché
non era giusto che la chiamata di San Giovanni fosse occasione per lei di
dannazione, nostro Signore la convertì ...»

Qui Jacopo lascia intendere che si sia trattato di Giovanni "evangelista
ed apostolo". Tuttavia la cosa è altamente improbabile, dal momento che
tale Giovanni fu il secondogenito di Gesù e quindi il NIPOTE di questa
Maria Maddalena!

Naturalmente Jacopo da Varazze (vissuto nel XIII secolo) non fu il primo a
parlare della Maddalena e del suo trasferimento in Gallia. Le notizie più
antiche di cui si dispone provengono dal lavoro del vescovo di Magonza
Raban Maar, vissuto nell'VIII-IX secolo, intitolato "La vita di Maria
Maddalena". Inoltre, sembra, che presso una biblioteca di Parigi siano
conservati manoscritti risalenti addirittura al VI secolo, in cui si parla
del viaggio della Maddalena nella Gallia meridionale (l'odierna
Provenza-Linguadoca). Alcuni studiosi ritengono che lo stesso Raban Maar
si sia ispirato a tali scritti.

Da tenere presente che, secondo le cronache falsarie, Ireneo (nativo di
Smirne, in Asia minore) venne mandato a Lyone (in Gallia) per
"evangelizzare" i pagani "gallici". In realtà, lo scopo principale fu
quello di contrastare la predicazione di un "certo" gnostico di nome Marco
(da ricordare che Giovanni era anche chiamato "Giovanni Marco"), che
parlava di Gesù come di Chresto e NON di Christo! Il suo messaggio penetrò
a tal punto nell'immaginario comune del tempo, che ancora oggi in Francia
i cristiani sono appellati "crestiani"! (chrètien è il contratto di
"chrestien", cioè "crestiano"). Ovviamente, Ireneo non doveva contrastare
la predicazione di Marco, il quale sicuramente era morto già da un bel
pezzo prima di lui (e NON in Gallia!), ma quella dei suoi seguaci.
Probabilmente i famosi "martiri" di Lyone non furono altro che i
discendenti dei seguaci del predicatore gnostico Marco: vale a dire dei
CHRESTIANI, i quali, come gli altri gnostici delle provincie romane
dell'Asia minore, erano fortemente invisi al mondo cattolico: diretta
espressione del potere imperiale-senatoriale dell'epoca!

Inutile dire che le narrazioni di cui sopra furono fieramente osteggiate
dalla Chiesa di Roma: esattamente come oggi si tenta di osteggiare il
lavoro di Dan Brown! Del resto, non è difficile capire i motivi di tanto
ostracismo. La narrazione di Jacopo da Varazze, infatti, contiene tre
punti cruciali circa la figura della madre di Gesù e che il clero ha
sempre cercato di mantenere disperatamente nascosti, non disdegnando di
ricorrere a qualsiasi misura (anche cruenta) pur di riuscirci. Questi
punti cardine sono: l'origine NOBILE di Maria, il suo matrimonio (in
seconde nozze) con Giovanni e la sua "deviazione" morale, così come
accennata da Jacopo: "..e si diede ad ogni tipo di lussuria". Nel Talmud
leggiamo che la madre di Gesù, "discendente di principi e governanti", si
diede alla prostituzione con dei 'carpentieri'. (falegnami).

Quest'ultimo indizio, ricorrente anche nei vangeli canonici, per ciò che
concerne la figura di Giuseppe presunto "sposo" di Maria Vergine (in
realtà il padre), sta probabilmente ad indicare l'attività imprenditoriale
dell'uomo con cui Maria Vergine fuggì da Gerusalemme (dal Rotolo di Safed
si ricava, per induzione, il suo nome: Halachmee). Secondo Giustino
Martire, il falegname "Giuseppe" era tutt'altro che un umile falegname, ma
aveva una impresa di costruzioni con molti operai alle sue dipendenze, ed
aggiunge che egli costruiva case di legno presso la costa del lago di
Tiberiade. Con molta probabilità si trattò invece di un costruttore di
navi e la costa non fu quella del lago di Tiberiade ma del mar
Mediterraneo.

Sebbene parecchie citazioni di antichi padri, di minore importanza,
indicano in Maria la figura di un personaggio di nobili origini e
svolgente anche il ruolo di sacerdotessa, tuttavia la voce "ufficiale" del
clero falsario preferì non servirsi di tali testimonianze, le quali, come
si intuirebbe, avrebbero dato maggior risalto alla figura della madre di
Gesù, e decisero di "scindere" tale figura in quella di Maria "Vergine" e
della peccatrice Maria Maddalena! (di nobili origini, nonchè sacerdotessa!)


Elio
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"..la fede in Dio non aggiunge nè toglie nulla
alla dignità raziocinante degli uomini; la fede
nelle religioni li riporta al loro stato primordiale,
quando l'uomo era appena uscito dalla sua
primitiva condizione bestiale per evolversi sino
alla stato attuale delle sue conoscenze."

mercoledì 16 gennaio 2008

IL TESTO DELLA CONMEDIA BLASFEMA:"L'ANGELO DI DIO" DI M.BAGNARA

COMEDIA DI M.BAGNARA
L'ANGELO DI DIO
IN BREVE-SI TRATTA DI UNA TOTALE CONFUSIONE-FILO CONDUTTORE IL PETTEGOLEZZO TRA ZACCARIA ELISABETTA MARIA E GIUSEPPE E MARIA MADDALENA-COMMENTANO L'ANNUNCIAZIONE-TUTTO SFUMA AD ALTRI EPISODI DELLE LORO STORIE-MA IL CENTRO DEL RACCONTO E' LA STORIA
D'AMORE TRA GESU' E MADDALENA E LE CRITICHE RIVOLTE A LUI PER QUESTA LORO STORIA
SCANDALOSA.
MA UN GESU' CHE HA UN AMANTE PROSTITUTA E SE LA TIENE CON SE' NOTTE E GIORNO E' SOLO UN PECCATORE E OGNI INTERESSE PER LUI FALSO MESSIA DOVREBBE CESSARE.
QUINDI QUESTO M.BAGNARA MIRA A DISTRUGGERE LA FEDE CRISTIANA.
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(In scena Elisabetta e Zaccaria. Nel Tempio. Elisabetta sta finendo di aiutare Zaccaria a prepararsi per entrare nel "santo dei santi" )


Facoltativo: sullo sfondo anche se non in piena luce entrano gli altri personaggi. Ognuno di loro, più o meno in rapporto alle vicende che interpreterà, fa qualcosa di molto semplice e ripetitivo, che non distolga l’attenzione da quanto avviene in scena. Avremo, ogni tanto, un loro commento.

Inizialmente, essendo di scena Elisabetta e Zaccaria, avremo di sfondo: Maria, che è intenta a piegare (in una cesta?) e preparare le sue cose per il viaggio che farà. Giuseppe è invece concentrato nei pensieri e di cattivo umore, potrà forse avere un movimento minimo, inconsapevole ma indicativo; M.M. è invece ancora un che di mezzo fra l’attrice e il personaggio: attribuisco qui a lei la breve funzione di "voce" narrante preliminare. Seduta a uno specchio sta ancora truccandosi per la parte della Maddalena che interpreterà.

I personaggi sullo sfondo potranno anche, secondo momenti, uscirne e rientrarne. Tutto questo, ripeto, è solo suggerito e molto libero. I rari commenti che essi esprimono sono tessuto connettivo: se così posso esprimermi, vedo la loro ambiguità come fluidificante. Non è solo "coro". Sono diverse componenti di una stessa realtà. La progressione temporale è della storia. Teatralmente, dovrebbero darle una profondità. Mi sembra soltanto necessario che la scena finale non abbia invece nessuno alle spalle, affinché l’ipotesi sulla quale si fonda rimanga pura in assoluto)








M. M. - Furono due gli avvenimenti principali che precedettero di poco la venuta del Messia e furono due concepimenti inaspettati. Entrambi vennero annunciati anticipatamente per voce di un Angelo di Dio. Il nome dell’Angelo era Gabriele.


Noi non sappiamo quale fosse la realtà cioè l’evidenza delle apparizioni. Possiamo pensare a una presenza immateriale, richiamata da effetti forse luminosi. Sembra improbabile l’ipotesi più tradizionale e cioè che l’Angelo avesse o assumesse una sembianza umana: la sola evidenza è che riusciva a accreditarsi per quello che era e che diceva. Anche a prescindere dall’importanza delle cose che annunciò, ci sembra scontato immaginare che la sua presenza inducesse uno stato di emozione.


Destinatari delle sue rivelazioni furono un uomo in là con gli anni e una ragazza molto giovane. Il primo fu l’uomo e si chiamava Zaccaria. Sei mesi dopo, la seconda fu Maria. Zaccaria era un sacerdote che viveva in una piccola città della Giudea. Era sposato a Elisabetta.




ELISABETTA - Ecco. Sei pronto. E’ il tuo momento. Devi entrare.


ZACCARIA - Ascolta, no, io… non me la sento.


ELISABETTA - E perché no?


ZACCARIA - Sto male. Mi tremano le gambe. E le orecchie mi ronzano. Sudo. Sono in un bagno di sudore.


ELISABETTA - Vedrai che là dentro passa tutto.


ZACCARIA - Senti, mi mancano le forze, te lo giuro.


ELISABETTA - Lo sai a quanti sacerdoti come te non basta una vita per avere il loro turno dell’offerta dell’incenso? Lo sai che significa la tua fortuna? Nel santo dei santi - tu, da solo, alla presenza del Signore?


ZACCARIA - Sì, ma…


ELISABETTA - Non puoi tirarti indietro a questo punto, lo capisci o no? Sotto gli occhi di tutti!


ZACCARIA - Mi gira… mi sento le… Non sono all’altezza dei miei compiti. Neanche con te. Chi sei tu con me? La più infelice delle mogli.


ELISABETTA - E chi lo dice? Non è vero.


MARIA - (di sfondo, a Giuseppe) Erano molto amareggiati, trovandosi avanti con l’età, per non avere avuto figli.


GIUSEPPE - Maria, la ragione ha i propri limiti. Nessuno può dire che sia facile capire il destino che ci è dato.


MARIA - Se è il volere di Dio, quale problema c’è? Lo devi accettare, non capire.


GIUSEPPE - Non vedo che male ci sarebbe.




(in scena)

ZACCARIA - Sai quante volte ho dubitato che la mia sterilità …


ELISABETTA - Perché dici tua? Chi lo può dire?


ZACCARIA - … fosse un castigo che …


ELISABETTA - Non è un castigo. E adesso basta. Non è né il momento di discuterne o tergiversare, Zaccaria. Coraggio, su, entra.


(Lo spinge. Zaccaria entra nel santuario)


(Elisabetta si ritira e va di sfondo. Potrebbe ad esempio rimestare in una tinozza alcuni panni da lavare)


ZACCARIA - (Rimasto solo) Signore del cielo, degli eserciti e dei sacerdoti, spero anche loro inadeguati come me, accetta l’offerta dell’incenso.


(Accende l’incenso. Lo offre. Il fumo sale. Zaccaria indietreggia)


ZACCARIA - (al pubblico) Avete un’idea dell’oppressione che grava lo spirito in luoghi e momenti come questi? Credete che riti e paramenti siano utili per il dominio di se stessi? L’aria qui è un flusso irrespirabile, non solo in ragione dell’incenso: di tutti coloro che nei secoli hanno compiuto questo rito, se l’emozione lascia tracce il loro accumulo è tremendo. (Si volta) Signore ti prego, compatiscimi, sono il tuo servo Zaccaria.


(Aumenta il fumo. Apparizione dell’Angelo Gabriele. Circa il suo modo di apparire, vedi quanto già detto prima. E’ chiaro che esistono molte e diverse possibilità. In ogni caso noi non udremo la sua voce: perciò penso a effetti, ripeto, di luci, o proiezioni, o forse un simbolo identificato, ma è chiaro che queste sono scelte di regia: purché una presenza sia sensibile e induca uno stato di emozione)


ZACCARIA - Non ho e non avevo in quel momento nessun dubbio circa la sua natura angelica. Mi spaventava. Ed ecco lui dice: ‘Ma che fai? Piangi elevando la tua offerta a Dio?’. Mi batto il petto e mi inginocchio, mi accuso di tutte le mie colpe, anche di quelle che non so se sono colpe o se davvero le ho commesse, ma lui non ne è affatto impietosito. E mi comunica, mi annuncia, che ho da servire come tramite per un progetto dell’Onnipotente, e questo però non era un merito; e ancora mi dice che il mio seme sarà un anello indispensabile della catena. Così mette in ballo Elisabetta. E sottovaluta - delude - le nostre molte umiliazioni: perché niente e nessuno, non dico gli amici o i conoscenti, non c’era una pietra in casa nostra o asse del letto in cui dormiamo in tanti anni di speranze inutili e per tutte le lacrime di Elisabetta e sui fallimenti dei dottori - che avessero mai fatto sentire al mio dolore una minore solidarietà di quanto ne dimostrasse lui!


M. M. - (di sfondo) Per me Zaccaria tendevi troppo a lamentarti, non era una colpa alla fin fine non avere avuto figli.


ZACCARIA - Non era una colpa ma una grande sofferenza - sia pure accettando, figuriamoci, il volere di Dio che la imponeva. E adesso un suo Angelo mi manifesta che quel medesimo volere apre a mia moglie un futuro imminente di maternità, impone già il nome di Giovanni e mi comunica - ma non mi dà il tempo di capire - che il nostro figliolo fatto adulto sarà precursore del Messia, doppio motivo di esultanza ma io che ne venni a conoscenza all’improvviso, io ne fui troppo emozionato per essere pronto ad esultare, il mio primo istinto fu di essere sincero, colpevole al massimo per onestà, e obbiettai che eravamo troppo vecchi, i figli bisogna farli in tempo. Risposta che subito indispone l’Angelo, tant’è che mi fa: ‘ E tu Zaccaria, tu sacerdote, a me che ti porto una notizia così favorevole opponi soltanto piccolezze e una totale povertà di fede? ’ Io dico: ‘ Ma scusa, all’età nostra? Pensare io di ingravidarla e lei di riuscire a partorire senza danni? Queste non sono piccolezze ’. Così nel mio giorno dell’offerta dell’incenso mi presi una bella punizione: decise l’Angelo che avrei perduto la parola finché non si fosse realizzata la promessa di cui avevo dubitato. Che poi non avevo propriamente… avrei voluto controbattere che… Ma già lui mi aveva reso muto. (Fa un gesto a mimare il suo mutismo repentino. Desiste, in un gesto di impotenza. L’Angelo scompare)




ELISABETTA - (Viene avanti) Io stavo fuori insieme agli altri sacerdoti e in mezzo al popolo e mi preoccupavo. Il tempo normale per l’offerta era passato, pensavo a un malore, che ne so, vuoi l’emozione vuoi l’età e poi la mancanza di respiro in quell’ambiente invaso dal fumo del braciere. Ero sul punto di richiedere che un suo collega intervenisse, quando lui - eccolo, riappare. (Zaccaria si è rialzato e si dirige verso di lei). Aveva sì un’aria stralunata ma al momento non ci feci caso, si sa in questi casi come va, il calo improvviso di preoccupazione mi diede il bisogno di uno sfogo. (a Zaccaria) ‘ Che fai, stabilisci per tuo conto nuove regole di tempi e di modi per l’offerta? Perché l’ hai tirata tanto in lungo? Zaccaria! Vuoi farmi il piacere di rispondere anziché sbracciarti? ’ (Zaccaria tenta di difendersi e di spiegarsi solo a gesti) Lì cominciai a dubitare del suo stato. Dico di mente, all’improvviso. Pensavo al ritegno preventivo e ai suoi timori di avere un contatto così prossimo con il Mistero. Ma tutti ci stavano guardando. (rivolgendosi in giro) ‘ Amici, signori, è tutto a posto. Si deve solo riposare. Fatevi pure i fatti vostri, grazie tante, che lui e io per il momento ce ne andiamo a casa ’.


(Lo aiuta a spogliarsi) Lo aiutai a spogliarsi e gli misi una mano sulla fronte - la quale non solo non bruciava ma era gelida e voi capirete lo spavento, perché ragionavo e glielo dissi, un uomo non perde la parola e la ragione così in fretta e nel segreto dell’altare se non per dispetto del Maligno o peggio ancora per volere dell’Onnipotente. Allora lui cogliendo al volo la mia verità indica il cielo a confermare la seconda soluzione, allarga le braccia e batte l’aria come se fossero ali d’angelo e fu così che mi trasmise la premessa dell’annuncio. Non la sostanza. Temeva che io parlassi troppo e anticipassi più del giusto il suo segreto. Scrivendolo su una tavoletta mi fece sapere che il mutismo era soltanto provvisorio. Tutto qui. Dissi a coloro che me lo chiedevano: ‘ Gli è accaduto qualcosa che lo ha congelato, toccatelo in fronte e sentirete quanto è freddo, ora lo infilo nel suo letto e provo a rimetterlo all’onor del mondo: col vino più caldo e più speziato che abbia mai bevuto. Accenderò il fuoco. Quest’uomo ha bisogno di calore ’. E così feci.

(Zaccaria esce, o va "di sfondo" dove potrebbe mettersi a scrivere)


ELISABETTA - La vera sorpresa fu che avevo indovinato. Ma non previsto in quale senso. Reagì alle mie sollecitudini con uno scoppio di allegria: consumò cibo più del solito, gradì il vino caldo che gli avevo preparato e a larghi gesti mi invitava a festeggiare insieme a lui, senza recedere dal suo mutismo né rivelarmene il motivo, salvo indicare chiaramente alzando un dito che era una volontà di Dio. Di certo il suo corpo assorbì i benefici delle cure e li restituì con gli interessi, riprese colore e la sua pelle si distese e si scaldò, fu un’energia che lo pervase dilagando dall’interno. Vedevo i suoi occhi che ridevano le mani afferravano con più vigore e pelle a pelle trasmettevano un formicolio come un contagio: anche il mio sangue stagionato se ne avvantaggiò, la mia stessa carne riconobbe quelle sensazioni, non credo che al mondo qualcuno dimentichi gli ardori dei giorni nei quali la passione sovrastava il sentimento per gustare fino in fondo i suoi profumi. Confesso che io gliene fui complice, felicemente, godendo perfino a trasgredire anche i ritegni reclamati dall’età; e prima che avessi ben capito la ragione per cui tutto ciò stava accadendo concepii il figlio come l’Angelo aveva predetto a mio marito. Poi quando fu la mia natura ad annunciarmelo e la coscienza del miracolo scoperchiò il tempo della gioia in casa mia e compresi che noi avremmo messo al mondo colui che doveva proclamare la venuta del Messia, orgoglio e emozione mi avvamparono le viscere. Zaccaria mi scrisse il nome di Giovanni. La nostra età fu una fortuna, perché consentiva di godere la sua infanzia senza dividere anche il prezzo che il suo compito gli avrebbe poi fatto pagare.


(Indossa una pancia equivalente a una gravidanza di sei mesi)


( Sullo sfondo, Maria ha terminato il suo bagaglio e ora si muove. Esce. Giuseppe l’aiuta a trasportarlo fuori)


(In scena)


ELISABETTA - Quando raggiunsi il sesto mese ricevetti una visita molto gradita. Venne da Nazaret Maria che era molto più giovane di me, ma c’era un legame sia di affetto e sia di parentela. Anche lei era incinta e me lo confidò. (Arriva Maria, si abbracciano)

Giovanni al contatto ebbe un sobbalzo nel mio ventre. Fu un’emozione molto forte. Qualcosa in me si precisava.


MARIA - Rimarrò qualche tempo.


ELISABETTA - Ne sarò felice.


MARIA - (Le sfiora la pancia) Tu come stai?


ELISABETTA - Va tutto bene.


MARIA - Zaccaria?


ELISABETTA - Non parla ancora. Ma ne guarirà.


MARIA - E questa creatura?


ELISABETTA - Sarà un maschio.


MARIA - Anch’io avrò un maschio.


ELISABETTA - Sì, lo so.


(Lasciando Maria sola a parlare, Elisabetta ritorna sullo sfondo. Ora estrae i panni che ha lavato e comincia a strizzarli uno per uno - ma non fa rumore)


MARIA - (al pubblico) Rispetto al mio caso e alle sue tante conseguenze, per me lo sgomento si addolciva di radici tenerissime, non per chi amava me - e che amavo anch’io. Ma debbo dirvi innanzi tutto di quell’Angelo che mi aveva portato la notizia.


( Seconda apparizione dell’Angelo Gabriele)


Diventò luce accanto a me e mi si rivolse in una lingua che non posso definire perché risultava comprensibile pur senza che io percepissi né voce né parole. Mi salutò e mi disse subito che per intervento dello Spirito avrei concepito. Sia chiaro, l’annuncio aveva il carattere esclusivo di un’informazione, dava scontato il mio consenso anche se io non comprendevo (si rivolge all’Angelo) in che modo la cosa fosse compatibile con il mio stato di verginità, che il mio promesso aveva sempre rispettato.

Ma come la luce e cioè quell’Angelo mi rese chiaro, che senso aveva immaginare che lo Spirito avesse bisogno di un concorso di paternità? Io avrei fornito al mio Gesù la sua natura umana, Dio la sostanza soprannaturale. Bene vi dico ho amato subito il mio compito di dargli la carne necessaria per piacere agli altri, la lingua e la voce per convincerli, il sorriso e il buon cuore per amarli. Ma se in quella promessa di maternità io vidi subito le moltitudini che lo acclamavano, i peccatori ravveduti, la buona salute rifiorire negli infermi, non vidi - né l’Angelo me ne parlò - l’altra funzione altrettanto significativa di un corpo capace di ricevere in ogni suo muscolo ogni tendine ogni nervo ogni centimetro di pelle le sofferenze più crudeli che un uomo innocente possa reggere - e sua madre in cuor suo possa moltiplicare. Credetemi figli io in quel momento così giovane provai soprattutto una gioiosa eccitazione. Non saprei dirlo in assoluto ma, suppongo, fu in quel momento che lo Spirito arrivò a cogliere la mia quintessenza femminile. Terminato il colloquio con l’Angelo la sua predizione fu avverata.


(Fine dell’apparizione dell’Angelo. Si illumina la figura di Giuseppe)


MARIA - Molto più amaro più difficile per me fu doverne informare Giuseppe. Con quali parole era possibile dirgli la mia felicità senza ferirlo? Come convincerlo a non dubitare della mia onestà?


GIUSEPPE - (avanzando) E io come posso giudicare ragionevole la versione dei fatti che mi hai dato?


MARIA - Caro, per forza, se è così. Perché è così.


GIUSEPPE - A chi ne hai parlato fin ad ora?


MARIA - A nessuno. (Lo fa sedere. Va a versare un bicchiere di vino)




(di sfondo)


ZACCARIA - Anch’io nonostante la visione del suo stesso Angelo, quando ho saputo dello stato di Maria confesso che ho avuto molti dubbi.


ELISABETTA - Voi uomini avete questo limite. Vi piace il dubbio.


ZACCARIA - Un conto era credere che Dio, fuori dai tempi della norma ma all’interno delle regole, ci avesse accordato la gioia di avere e dargli un figlio. Un altro era credere a Maria. L’alternativa di non crederle rendeva il racconto una bestemmia.


M. M. - (a Zaccaria) Non esisteva alternativa. Un fatto è un fatto. Sia pure incredibile o poco spiegabile, ciò non significa che non sia vero. Prendi una donna come me. Che ha visto gli uomini pronti a comprendere anzi a pagare i suoi peccati, ma a farle pagare senza sconti il pentimento. Messa di fronte a un’evidenza di risurrezione, rischia la stessa alternativa che dicevi tu. O viene creduta o viene accusata di bestemmia. Allora il problema non è la ragione ma la verità.


(In scena)


MARIA - (Si inginocchia davanti a Giuseppe e gli offre da bere)


GIUSEPPE - No, lascia stare - non ho sete.


MARIA - Ti fa bene. (Giuseppe accetta. Beve un sorso)


GIUSEPPE - Maria, con il cuore io… ti scongiuro di smentire ciò che hai detto.


MARIA - Non posso, Giuseppe. Mentirei se lo facessi.


GIUSEPPE - E con… quell’Angelo - che nome mi hai detto?


MARIA - Gabriele.


GIUSEPPE - A quando risale il vostro incontro?


MARIA - A stamattina.


GIUSEPPE - Avete parlato anche di me?


MARIA - Lui no, ma io sì… Gli ho fatto capire che …


GIUSEPPE - Perché? Perché non l’hai detto chiaramente? C’era un impegno fra me e te, che ho rispettato!


MARIA - Giuseppe, era un Angelo di Dio. Sapeva tutto. Ogni parola mi lasciava intimidita. Mi ha detto anche il nome che daremo al mio bambino.


GIUSEPPE - Daremo? Cos’altro vuoi da me?


MARIA - Vorrei che accettassi, che… partecipassi.


GIUSEPPE - (Beve un altro sorso) E’ un nome…speciale?


MARIA - Sì.


GIUSEPPE - Sentiamolo.


MARIA - Gesù.


GIUSEPPE - Gesù non è un nome che…


MARIA - A me piace.


GIUSEPPE - Altri lo portano.


MARIA - Non come lui lo porterà.


GIUSEPPE - Avevi mai visto prima l’Angelo?


MARIA - No. Mai.


GIUSEPPE - Beh, non dovrai mai più ripetersi. (Beve un altro sorso di vino) Voglio che tu me lo prometta.


MARIA - E come posso?


GIUSEPPE - E perché no?


MARIA - Non dipende da me.


GIUSEPPE - (Scola il bicchiere poi lo butta, per dare uno sfogo alla sua irritazione) Ascolta. Fa’ quello che ti pare. Ma lo farai senza di me. Io non m’impiccio.


MARIA - Giuseppe non credo in ogni caso che lo rivedrò. Ha detto già quello che doveva.


GIUSEPPE - E io non… Davvero, non capisco la tua calma. Mi annunci una cosa inaccettabile, diciamolo chiaro che da un lato sembra il modo di coprire una menzogna, e se non lo è, se invece è la pura verità, non credi che forse avrei diritto quanto meno di vederti più sconvolta?


MARIA - Giuseppe, se un angelo del cielo …


GIUSEPPE - E se non era un angelo? Se avesse voluto avvelenarti di superbia?


MARIA - Io sono certa della sua autenticità!


GIUSEPPE - Perché tanta fretta di annunciarmelo, prima di avere la certezza del tuo stato?




(di sfondo)


ELISABETTA - Povera figlia, perché è onesta.


ZACCARIA - Anche Giuseppe è un uomo onesto.


ELISABETTA - E’ come te - siete zucconi.


MARIA MADD. - Io li capisco tutti e due. Che lui sia sconvolto era normale, era il promesso sposo.


ELISABETTA - Avete notato - lui l’ ha detto - la maturità? Dico la calma di Maria, lei così giovane come è capace con buon modo di smontare le obiezioni? Appena appena era una donna.




(In scena)

MARIA - (a Giuseppe) Non posso nasconderti la sola cosa che mi è chiara e cioè che il disegno mi comprende, felice di esserne strumento ma non della pena che procura a te. Però non ne dubito Giuseppe: io sento di avere concepito. Lo so che noi due ci eravamo votati a non congiungerci finché non fosse maturato il matrimonio: e questo era in cambio anzi in rispetto della mia verginità fino a che tu potessi avermi moglie e madre in esclusiva. Io devo dirtelo, questo è cambiato. Perché un progetto dell’Altissimo è entrato a far parte nostra vita, anche far questo Gli appartiene, non posso evitartelo - non posso nemmeno dimostrare quel che è vero, ma guarda che io sarei furibonda ed anche offesa se tu ti azzardassi a dubitare della mia onestà!


GIUSEPPE - So quello che penseranno tutti.


MARIA - A me interessa unicamente quel che pensi tu.


GIUSEPPE - Giudicheranno… un doppio crimine il fatto in se stesso e fantasiosa la sua giustificazione.


(di sfondo)


ELISABETTA - Io dico sarebbe anche difficile considerare spudorata una ragazza come lei. Tutti conoscono Maria la sua trasparenza la sincerità.


ZACCARIA - Aspetta che cresca la sua pancia.


MARIA MADDALENA - Per me c’è un problema che Giuseppe non menziona ma per lui non era poco. Il primo plausibile sospetto di tutti coloro che li conoscevano era che il padre del bambino fosse lui.


ELISABETTA - Maria lo smentiva.


ZACCARIA - Ma lui ha capito e giustamente gliel’ ha detto che quella versione a sua discolpa appariva molto fantasiosa.


(in scena)

MARIA - (a Giuseppe) Io non ho nulla da giustificare. La cosa è al di sopra di noi due. Dovevo informartene e l’ ho fatto.


GIUSEPPE - E credi che io che non avevo mai avuto nella vita una cosa bella come te, lavoro sì, speranze e sogni, ma non altro, fino a che tu non mi hai rivolto la parola e io mi sono innamorato, avevo trovato un buon motivo per illudermi che il cielo volesse regalarmi la fortuna - e ora mi chiedi di lasciarmela portare via? Non credo che il cielo abbia una simile intenzione. Maria, se ti perdo ho perso tutto quel che ho.


MARIA - Giuseppe io … speravo di non perderti.


GIUSEPPE - E come potrei? Come pretendi che … Semmai non ti voglio svergognare, metterti a rischio di un giudizio troppo grave, non voglio causare pregiudizi per tuo figlio né per te né suscitare maldicenze, ma devo salvare almeno questo, la mia dignità. Avere rispetto di me stesso.


MARIA - E questo chi te lo impedisce? Io no di certo, perché io non ti ho mancato di rispetto.


GIUSEPPE - Dovremo stare molto attenti. Agire in fretta e in assoluta discrezione.


MARIA - Agire… in che senso?


GIUSEPPE - Ti renderò la libertà. Dirò ai tuoi parenti che non ho nulla da rimproverarti, solo che entrambi consenzienti e liberi abbiamo pensato che sia meglio non sposarci. Il tempo lo abbiamo, finché non esiste una conferma più… evidente del tuo stato.


MARIA - Giuseppe tu ascoltami più attentamente perché finora non l’ hai fatto. Io ci ho pensato e nei miei limiti di comprensione so che se Dio ha voluto questo è chiaro ha voluto che suo figlio fosse un uomo. E credo che lui, dico il bambino, soffrirebbe tutto il tempo della crescita e delle sua stessa educazione se avesse me a fargli da madre ma non te, cioè mio marito come padre.


GIUSEPPE - Maria non puoi chiedermi di…


MARIA - Ma il punto non è la mia richiesta, il punto è che io riesco a trovare unicamente una ragione al fatto che Dio mi abbia prescelto: ed è che avevo proprio te come promesso sposo. Non ero io l’unica possibile o meglio non certo per me stessa quella più indicata, ma perché ero la ragazza fidanzata a te e tu mio Giuseppe in tutto il mondo l’unico in grado di adattarsi a questa situazione, a un figlio mio ma generato dall’Altissimo perché realizzasse il Suo disegno attraverso un percorso di normalità, e solo restando sempre uniti saremo la sua normalità, saremo i normali genitori che ogni bambino vuole avere. Dunque non io non solo io ti sto chiedendo: non lasciarci; perché nessun altro salvo te, che non gli sarai padre carnale, sarebbe disposto a diventarlo per il mondo - e a rinunciare anche al mio corpo, perché il mio corpo ha da restare - essere il tempio che è già diventato. Neppure io posso disporne. Giuseppe che fai ma perché piangi? Io in questo modo ti rimango eternamente … consacrata.




(di sfondo)


MARIA MADDALENA - E’ vero il suo corpo era realmente diventato un tempio. Lo è stato anche il corpo di Gesù. Sacro. Per me di sicuro. Ma solo per chi vuole capirlo. Non tutti quelli che volevano sminuirmi. E quelli che vogliono mio tramite sminuire lui.




(in scena)

GIUSEPPE - Ti prego Maria lasciami solo abbi pazienza.


(Maria non insiste e se ne va. Giuseppe viene a parlare con noi)


GIUSEPPE - Un po’ per dolore e di emozione e soprattutto di impotenza, è vero, confermo che piangevo. Cos’altro rimane a una singola e minima e confusa frazione dell’umanità se la donna che ha scelto come moglie lo contrappone all’infinito? Io mi trovavo in quella strana situazione insopportabile, non che davvero immaginassi un tradimento di Maria, pensare che avesse fatto un figlio con un altro ma volesse allevarlo insieme a me era altrettanto inattendibile quanto lo era la versione che mi dava, per cui non sapevo veramente come comportarmi lei era la donna io dico più onesta e più sincera che avessi incontrato nella vita. E me ne aveva appena dato una dimostrazione, non so se ci avete fatto caso, chiedendomi un altro sacrificio in quel momento, in pratica un obbligo di mantenerci in castità per sempre, volendo che ciò fosse ben chiaro prima che io mi decidessi. Non ha sminuito le difficoltà. Allora perché mi avrebbe mentito in tutto il resto? Se avesse voluto utilizzarmi con l’inganno avrebbe cercato di convincermi a anticipare il matrimonio e poi di attribuirmi il suo bambino. Ero angosciato ero travolto dalla mia stessa volontà di crederle che non trovava alcun appiglio. Io non volevo screditarla, in nessun caso, anche soltanto in cambio dei giorni di serenità che nell’amarla e nel pensare che… (si commuove) mi ricambiasse avevo avuto. Però, alla fin fine, era del tutto ragionevole ripudiarla in segreto, senza rimproveri né accuse, andarmene via, per qualche tempo, lasciare le cose a stemperarsi con naturalezza, magari a qualcuno immaginare, perché no?, che fossi io ad avere qualcosa da rimproverarmi anche se non rimproverato. La famiglia di lei l’avrebbe accolta ed aiutata. Quanto al bambino… Ma è inutile fare queste ipotesi, perché venni indotto in senso opposto da un sogno che feci o forse è più esatto riferirvi che lo stesso Angelo del quale Maria aveva parlato mi contattò attraverso un sogno e mi chiese di dirgli le ragioni del mio turbamento. Io con franchezza, perché lo sappiamo che nei sogni non si mente, risposi che se lui era un Angelo come ne aveva tutta l’aria avrebbe dovuto anche conoscere la situazione e le mie ottime ragioni. Allora egli disse senza offendersi di quella mia sincerità che indubbiamente era al corrente delle cose, ma essendo tenuto a dimostrarmi ogni rispetto e riverenza voleva che fossi io a spiegargli quello che volevo. Secondo me sperava che io mi liberassi dei miei dubbi esplicitandoli e dopo averli ben sfogati più facilmente avrei recepito le sue correzioni. Così infatti avvenne e lui quando io mi fui spiegato innanzi tutto definì condivisibili o meglio mi disse comprensibili i ragionamenti che facevo, salvo che i fatti sopra i quali mi fondavo avevano un’altra spiegazione e non la mia. Poi non lo so quanta finezza introspettiva sia giusto attribuire a una natura angelica, difficile dirlo per un falegname, ma certo è che l’angelo di Dio dentro a quel sogno usò le parole che più mi auguravo di ascoltare, benché per un verso le temessi, e cioè che Maria mi aveva detto la verità; perciò io non solo senza ripudiarla, ma accettando sia lei come mia sposa sia il figlio prossimo di lei per fargli da padre putativo, sarei rimasto a pieno titolo al centro del piano di salvezza nel quale Dio stesso già mi aveva collocato.


(Torna in scena Maria)


MARIA - Io voglio sottolineare che la scelta di Giuseppe fu assolutamente libera: un sogno è un sogno, niente più, non è una formale apparizione, avrebbe potuto disattendere quelle richieste molto più facilmente di me. Per questo Dio vuole che a Giuseppe sia riconosciuto il pieno merito dei sacrifici che egli scelse unicamente per bontà. Io sono buona testimone che Giuseppe era nel pieno del vigore e che mi amava, guardate non era affatto un vecchio, poteva sembrarlo accanto a me che avevo solo sedici anni, così figuratevi il significato di rinunciare alla sessualità per tutta la vita che gli rimaneva. Per lui come per me, ma io avevo in cambio come dire l’esplosione spirituale e fisica della mia prossima maternità che mi appagava, lui non poteva rifugiarsi come me di giorno e di notte in quel compenso. E voglio aggiungere, finché Giuseppe gli fu accanto, credo che mai nessun bambino abbia avuto o avrà un padre altrettanto amoroso e sollecito quanto lo ebbe il mio Gesù, e che la notte del mio parto quando comprese che il momento era venuto fu per me molto commovente vederlo confondersi e agitarsi da farmi sorridere di lui fra doglia e doglia - e averne il motivo era un sollievo. Non mi aspettavo certamente che fosse un esperto di travagli femminili, perciò preferii, quando le doglie si intensificarono, pregarlo di uscire e recarsi al paese di Betlemme per cercare una buona levatrice.


(di sfondo)


ELISABETTA - (a Zaccaria) Lui almeno è servito a qualcosa, tu neanche parlavi.

(Zaccaria si limita ad allargare le braccia)




(in scena)

GIUSEPPE - Io non avevo inclinazione all’umiltà, mi ha sempre fatto un po’ arrabbiare questa diceria. Voglio chiarire che non essendo né sapiente né un mago della parlantina e tanto meno un seduttore non ero però neppure un fesso. E se la complessa condizione che ho vissuto mi ha sempre lasciato in fondo in fondo qualche dubbio, nemmeno ho trovato un buon motivo per sottostimarmi. Poi si capisce il sentimento per Maria mi influenzava fortemente, chiedeva di essere mia moglie promettendomi ogni sua cura e fedeltà e amore vero in tutti gli aspetti tranne uno, in fondo ebbi un figlio che agli occhi del cielo e della terra era anche mio. Non voglio affermare che il mio fosse un calcolo di convenienza, è vero però che la mia scelta mi fu largamente compensata. Sia Maria sia Gesù finché vissi, non molto a lungo ma abbastanza per vederlo crescere, mi diedero entrambi una larga misura di consolazione.


(Un cambio di luci, o di scena, o in ogni modo un breve stacco)


GIUSEPPE - Qui voglio aggiungere una cosa che forse vi interesserà riguardo alla notte anzi al momento in cui Gesù fu partorito. Io avevo dunque già lasciato la sua grotta su richiesta di Maria per andare a Betlemme alla ricerca di una levatrice. Non ho pensato lì per lì che per l’Unigenito di Dio non c’era bisogno di un aiuto a entrare nel mondo e nella vita né riflettei che in quel frangente nessuno doveva presenziare al suo distacco materiale dalla madre, furono gli angeli del Cielo e il Cielo stesso a provvedere. Sicché mi trovavo in aperta campagna e in piena notte. E mentre stavo camminando ecco non camminavo più, mi accorsi che l’aria intorno a me restava immobile, l’intero universo come attonito, e gli uccelli notturni si erano fermati. Vidi per terra una scodella e alcuni operai sdraiati intorno, ma quelli che avevano la bocca piena non mangiavano e quelli che stavano prendendo il cibo non lo portavano alla bocca, i visi di tutti erano volti verso l’alto. E vidi le pecore condotte al pascolo bloccate in diverse posizioni che non si muovevano e il loro pastore col bastone già alzato per percuoterle che aveva la mano irrigidita su quel gesto. E vidi i capretti accanto al fiume, tenevano il muso a filo d’acqua ma non la bevevano e insomma ogni cosa in quel momento era distratta dal suo corso.


Poi una donna che scendeva la montagna mi avvicina e mi fa: "Tu! Dove vai?" "Cerco una levatrice ebrea" le dico io. E lei: "Sono io una levatrice. Perché quella donna partorisce in una grotta?" "Perché nessuno ci ha voluto" mi lamento io, "che almeno il bambino abbia un riparo". E lei: "Sei tu il padre?" Allora dovetti precisare che Maria aveva concepito per intervento dello Spirito. Lei mi guardò come se io stessi scherzando, poi vide che no che non scherzavo e allora chiese: "Ma è possibile?" Le dissi che invece di star lì a perdere tempo venisse a vedere e ad aiutarci. Quando arrivammo, c’era una nuvola all’imboccatura della grotta, mentre al suo interno c’era una luce tanto forte che feriva gli occhi. A poco a poco si attenuò e ci apparve il bimbo attaccato al seno di sua madre.


MARIA - Il giorno che il bimbo venne circonciso ero felice più di quanto mai lo fossi stata. Tanto orgogliosa di mostrarlo che non diedi peso ad un avvertimento. Un uomo chiamato Simeone, lodando Dio per quanto aveva visto, parlò di una spada che mi avrebbe trapassato il cuore. Pensai che volesse riferirsi alla mia morte che non mi dava in quel momento alcuna pena. Gioivo semmai dell’esultanza che quell’uomo santo aveva voluto esplicitare. Mi rese orgogliosa della mia maternità. Diceva al Signore Onnipotente che avendo visto coi suoi occhi realizzarsi la più importante fra le speranze di Israele era pronto a lasciare questa vita. Non colsi perciò la sua lungimiranza. Già quella gioia conteneva un presupposto che avrebbe segnato con il sangue l’amore di Dio per ogni uomo.


GIUSEPPE - La prima ferocia fu di Erode che interpretando a proprio danno il senso delle profezie decise di uccidere Gesù. E poiché i Magi non fornirono le indicazioni necessarie preferì mettersi al sicuro facendo uccidere tutti i bambini che avevano meno di due anni. Io sempre in sogno ebbi dall’Angelo l’indicazione del pericolo. Seguendo il consiglio fuggimmo in Egitto appena in tempo.


(Ritorna in scena Elisabetta)




ELISABETTA - Anche il mio piccolo Giovanni correva il medesimo pericolo. La voce che Erode faceva uccidere i bambini sparse il terrore in ogni casa e presto arrivarono anche le prime descrizioni della strage. Io presi Giovanni e salii fino in cima alla montagna cercando un rifugio per nasconderlo. Il monte subito si aprì per accoglierci in una caverna. E c’era una luce che filtrava dall’esterno indicando che un angelo era lì dislocato a custodirci.


GIUSEPPE - Quando per me come per tutti arrivò il tempo ed il mio corpo si ammalò venne un Angelo a dirmi: " Tu morirai entro quest’anno". Io corsi al Tempio e pregai Dio di darmi aiuto perché della morte avevo moltissima paura come ogni uomo ed animale.


MARIA - Avvicinandosi l’ultimo giorno della sua vita che fu il 26 del mese di Epep, l’oro purissimo della sua carne cominciò a modificarsi e anche l’argento della saggezza si alterò.


GIUSEPPE - Sul fare del giorno venni colto da una grande agitazione nel mio letto. Mi prese un dolore molto forte e mi diedi a gridare ad alta voce.


MARIA - Poverino, impaurito straparlava. Allora Gesù si pose al suo capo e io ai suoi piedi. Gesù posò il palmo della mano sul suo petto e rilevò che la sua anima era già passata nella gola, pronta per essere portata via. Vedendo Gesù palparne il corpo io ne presi a mia volta fra le mani i piedi. Sentii che i suoi piedi erano ghiacci. Pensai che al tocco di Gesù la febbre lo avesse abbandonato. Ma Gesù volse lo sguardo in direzione Sud e vide la Morte penetrare nella nostra casa seguita dal diavolo e da una gran folla di satelliti infuocati la cui bocca emetteva fumo e zolfo. Allora gli occhi di Giuseppe spaventato perché ripensava ai suoi peccati si riempirono di lacrime. Io non vedevo altri che lui ma Gesù intese dal sospiro di Giuseppe che aveva visto le Potenze a lui ancora sconosciute: e fu Gesù che alzò la voce a minacciare il diavolo cacciandolo via con tutto l’esercito terribile dei cacciatori delle anime. Queste e altre cose mi spiegò Gesù, mi disse ad esempio che il suo spirito, quando Giuseppe lo esalò, fu avvolto dagli angeli in finissimo un tessuto. E quando Gesù ebbe terminata ogni preghiera discese un’altra moltitudine di angeli e due di essi distesero un manto sul suo corpo che venne da loro seppellito accanto ai resti dei suoi padri.


Ma quello che io volevo dirvi soprattutto è che Giuseppe fu un grand’uomo. Io non avrei potuto farcela a reggere il peso del mio ruolo se non lo avessi avuto al fianco. Morto che fu, la sua mancanza faceva un vuoto molto grande, perché fu un appoggio insostituibile della mia vita. Anche Gesù ne soffrì molto. L’ ho visto commosso rovistare piangendo negli attrezzi e nella scorta di legname per finire i lavori cominciati. Senza che tutte le premesse lo impedissero, Gesù ebbe in lui un vero padre e Giuseppe in Gesù un meraviglioso figlio. Oggi in realtà ringrazio il cielo che gli ha risparmiato di vederlo sulla croce. Io non so come le mie viscere e tutto il mio essere abbiano retto a quello strazio ma so che lui col suo senso sincero di paternità sarebbe stato forse l’unico a ribellarsi senza farsi intimidire da nessuno e quando ciò fosse risultato inutile gli si sarebbe certamente frantumato il cuore.


ELISABETTA - Mio figlio Giovanni fu il precursore del Messia Gesù. Nel darne l’annuncio ebbe funzione pari a un angelo e io sono certa che gli fu riconosciuta anche dal cielo. Poi vi è ben nota la sua vita di battista e la sua fine. Il giorno in cui lo fece uccidere, Erode Antipa unì il suo sangue a quello dei piccoli innocenti che già suo padre Erode il Grande aveva sterminato. La scia di sangue si allungava. Quel sangue è il legame principale che mi ha accomunato con Maria. La nostra esistenza ha avuto radici parallele. Più avanti il sangue di Gesù ci ha accomunato tutti. Quando Giovanni fu decapitato io non c’ero più al mondo e sebbene ogni male ogni violenza e crudeltà siano sofferti anche nei cieli il beneficio del disegno in cui rientrarono le loro morti me le fece apparire meno amare. Il dolore di madre che invece toccò a Maria vivente fu davvero una prova spaventosa.


MARIA - Solo in quei giorni di cattura processo e morte di Gesù chiarii con me stessa la profezia del sacerdote Samuele. Più che una spada mille spade trapassarono il mio cuore. Ma tutti voi già conoscete quegli eventi e non credo che sia molto difficile immaginare il mio dolore. Il punto complesso fu il senso interiore di devastazione che mi derivò, come se tutto, i sentimenti anche i ricordi e la mia stessa facoltà di ragionare fossero stati eliminati. Quando quei fatti ebbero termine e fu esaurita ogni mia lacrima e capacità di lamentarmi vi dico che in me restò un deserto, sabbia più fine della polvere che interruppe la via della ragione, velò i ricordi e inaridì completamente le mie sensazioni. Cessai di parlare e di mangiare. Mi sedetti e nient’altro, rimasi impietrita lì dov’ero. Lasciavo che il tempo e tutto il resto scivolassero sopra di me ma li escludevo da me stessa. Ero cosciente di una cosa unicamente, che avevo vissuto per intero la mia parte; e che l’ingiustizia e anche l’orrore della morte di mio figlio mi avevano messa in una condizione a cui non sapevo corrispondere. Vedevo e sentivo intorno a me la vita scorrere ma credo che il cielo per misericordia abbia sancito un’eccezione: così come quando misi al mondo il mio Gesù Giuseppe all’aperto nella notte colse il blocco emozionato di ogni ordine della Natura in una visione d’infinito. Anche per me sul mio dolore insopportabile scese una sorta di apatia che mi impediva di reagire. Credo al di là di ogni diversa considerazione che un’offesa simile al vincolo di maternità arrivi a trafiggere di commozione perfino il più alto dei misteri. Non furono certo né il dolore oltre misura né il soccorso ricevuto dagli amici a chiarirmi l’esatta condizione nella quale mi trovavo, io avevo accettato dapprincipio ma non per questo assimilato chiaramente la sua dimensione di assoluto. Anche invecchiando non ero uscita dalla medesima semplicità nella quale ogni cosa era iniziata. Avevo assistito a molti eventi dei quali in me stessa non trovavo spiegazione, né la cercavo, badavo soltanto a corrispondere alla mia funzione e io lo ripeto è questo che io da sempre ho fatto, la madre con tutte le mie povere capacità coi miei ritegni le mie gioie e le paure, però non sapevo che la spada che doveva trapassarmi il cuore lo avrebbe fatto attraversando innanzitutto lui. Così mi trovavo nella casa dell’apostolo Giovanni ridotta a uno stato involontario di sopravvivenza, morto Gesù la mia funzione a suo riguardo era conclusa, ne avevo pagato senza sconti tutto il prezzo - io ve lo dico lo stesso angelo di Dio che era venuto inizialmente ad annunciarmi la mia condizione avrei voluto che tornasse a cancellarmi dalla mente tutte le immagini di sofferenza che non riuscivano a staccarsi più e se lui fosse ricomparso ad annunciarmi la mia morte l’avrei certamente ringraziato.

Fu invece una donna e non un angelo a risvegliare una per una le mie facoltà e a rimettermi il sangue in movimento: arrivò in modo rumoroso e passionale eppure io dico che il suo ruolo non fu da meno a nessun angelo. Entrò nella stanza dove mi trovavo, io non sapevo né che ora né che giorno fosse, ne avevo perduto cognizione (Entra Maria Maddalena di precipizio), entrò senza chiedere permesso e senza il ritegno che fra noi avevamo sempre mantenuto.


(Se ne vanno tutti i personaggi dallo sfondo, da dove l’avevano fin lì ascoltata silenziosamente ma con evidente comprensione)


M.M. - Maria, ascoltate! (E’ molto eccitata. Prende fiato per la corsa appena fatta. Maria non si volta e non si muove, salvo alzare una mano per fermarla)


MARIA - Lo sai anche tu, vi avevo pregati di lasciarmi sola.


M.M. - Maria, non potevo non venire.


MARIA - Ho chiesto rispetto. Ti è così difficile?


M.M. - Non il rispetto, ma il silenzio, perché ho da informarvi …


MARIA - Se anche tu avessi da avvertirmi di un pericolo, se là fuori ci fossero guardie o soldati per portarmi via, lascia che facciano, il torto più grave l’ ho già avuto.


M.M. - Maria, non è questo.


MARIA - E’ terminato anche il mio compito da quando Gesù ha esaurito il suo.


M.M. - E se io vi dicessi che non è così?


MARIA - (Indurisce la voce e si metterà in piedi ad affrontarla) Maria Maddalena io ti ho parlato di rispetto perché ricordassi che ti ho sempre rispettata, anche quando Gesù mi trascurava, portava in giro in lungo e in largo la predicazione e non ti impediva di seguirlo - non a te - tu lo affiancavi assiduamente non so in quante ore dei suoi giorni e delle notti e per quali scambi di … complicità, però mi ricordo quante volte le mormorazioni non solo di estranei anche di quelli che più amava arrivavano a me per via del mestiere che tu avevi fatto e per gli eccessi di indulgenza di Gesù e la grande considerazione nella quale ti teneva, sempre ascoltata ed apprezzata nei giudizi, è vero o no?


M.M. - Guardate che non…


MARIA - Io respingevo fermamente quelle critiche perché lo sapevo erano più rivolte a lui che non a te; e se non c’è uomo quasi mai che si senta di infrangere le regole affidando alle donne una maggiore considerazione, nemmeno io posso negarle, posso soltanto rammentare due eccezioni, una fu quella di Giuseppe, che seppe donarmi per intero il suo amor proprio, e l’altra mio figlio che non ha avuto alcun ritegno di trattenerti al fianco suo o alle sue spalle in tutte le occasioni.


M.M. - Aveva capito che lo amavo e gli credevo, tutto qui.


MARIA - Amarlo era facile ma credergli forse molto meno, lo hai visto anche tu cosa ne è stato del suo grande esercito di ammiratori quando ha accettato di morire, non si è nascosto né difeso e tu cosa credi che a una madre come me che avevo accettato la sua nascita per come avvenne senza chiederne il motivo, pensi che sia altrettanto facile accettare la sua capacità di sacrificio e assimilarne tutto il fiele? Mi si è avvelenato interamente il corpo, lo capisci o no? Credo che basti un’emozione molto piccola a darmi il colpo decisivo.


M.M. - E io perciò esito. Ma non posso neppure non parlare.


MARIA - Aspetta - aspetta: prima mi voglio liberare del mio debito con te.


M.M. - Ma cosa dite, quale debito, nessuna critica da parte vostra è mai arrivata fino a me.


MARIA - Certo che no, c’erano troppe malelingue che ti criticavano perché mi mettessi a farlo anch’io. Ma io nel mio intimo, te lo confesso, ho avuto momenti di reazione, di te nessun angelo mi ha prevenuto, io non sapevo quale fosse il ruolo tuo. Potevi non essere da Dio, ma dal Maligno - perché no? Scusa se parlo con franchezza.


M.M. - Io sono stata liberata dal potere del Maligno, da Gesù.


MARIA - Sai quanti venivano a lamentarsi della predilezione che lui aveva per te? Io mi sforzavo di calmarli ma le loro insinuazioni avevano pure una ragione, che lui ti stimasse e ti gradisse era palese, era un uomo, trentenne, di grande attrattiva personale; e tu una donna di esperienza, seducente, sapevi quello che volevi.


M.M. - Che lui mi avesse affascinato, non c’è dubbio.


MARIA - Guarda che io probabilmente sono stata l’unica o una dei pochi a non avere mai creduto che tu fossi la sua amante. La mia gelosia non era questa. Io ragionavo nella mia semplicità che se per la sua nascita, anziché usare la strada seguita per Elisabetta, che concepì un figlio per Grazia di Dio ma dal marito - se per me invece si è deciso per un Figlio senza tramite direttamente della Grazia perché consacrassi ogni mia fibra al suo destino, ho sempre pensato che anche lui vi si è dedicato interamente senza mai fare un’eccezione, né per sua madre né per te.


M.M. - Certo.


MARIA - E così non mi sono rifiutata neanche a questo, fino ai suoi ultimi momenti, abbiamo perfino condiviso i pianti sprecati della sepoltura.


M.M. - Maria, non è il caso di pensarci.


MARIA - Uso una corda del mio essere che non ho mai utilizzato, gestisco il dolore rifiutando ogni compianto, faccio da sola, è già un sollievo.


M.M. - Maria, sono qui per riferirvi una notizia.


MARIA - Cadrebbe nel buio, dillo agli altri.


M..M. - L’ ho già fatto. Lo sanno Giovanni e Simon Pietro.


MARIA - E dove sono?


M.M. - Corsi là.


MARIA - Corsi là dove?


M.M. - Alla sua tomba.


MARIA - E tu con le donne siete andate a profumarlo?


M.M. - Appena il Sabato è finito.


MARIA - Allora ogni cosa è stata fatta. (M.M. si inginocchia davanti a lei) Perché ti inginocchi?


M.M. - Per supplicarvi di ascoltarmi e perdonatemi se non so dirvi in altro modo le cose che sono qui per dire.


MARIA - Maria Maddalena, ti ho già detto, credo che ormai niente e nessuno possa sconvolgermi più di così. Tirati su.


M.M. - Ma se un’altra emozione vi può …


MARIA - Cosa? Sarebbe già molto se riuscissi, a procurarmi un emozione. Coraggio, dai, alzati.


M.M. - Voglio parlarvi come a una regina.


MARIA - Niente di quello che ho veduto e che ho sofferto lo giustifica. A parte che ignoro com’è fatta, esattamente, una regina.


M.M. - Vi giuro che so quello che dico. ( Si alza)


MARIA - Non ne dubito. C’è qualcun altro che lo sa?


M.M. - I due con i quali ho già parlato. Però sono corsi a controllare.


MARIA - Alla tomba?


M.M. - Alla tomba.


MARIA - Maddalena ora sì, avevi ragione, ora mi fai paura.


(Torna a sedersi)


M.M. - Che avreste pensato se arrivando alla sua tomba aveste visto che era vuota?


MARIA - (dopo un attimo) Avrei … Tu che hai fatto?


M.M. - Ho cominciato a piangere e a domandare a voce alta dove lo avevano portato. C’era lì appresso un ortolano che sentiti i miei lamenti mi chiede che c’è chi stai cercando, e poi perché piangi e con chi parli senza un interlocutore, e io gli ho spiegato la scomparsa di Gesù. Pensavo che avessero voluto fargli pagare fino in fondo la condanna e seppellirlo nella fossa come gli assassini.

(Si avvicina a Maria che è sempre più spaventata da quello che lei le sta dicendo)

Quell’ortolano. Non era davvero un ortolano. Lui mi ha guardata e mi ha sorriso e mi ha chiamata col mio nome. Vedevo una luce intorno a lui oppure era il sole che filtrava tra le lacrime e forse mi ha preso una vertigine ma era la voce di Gesù. Non quella di un angelo né un’illusione ma era lui. Mi ha dato istruzioni per gli apostoli e quando ho cercato di toccarlo non l’ha consentito. Ho smesso di piangere e mi sono asciugata bene gli occhi per vederlo chiaramente, già tante volte avevo letto nel suo sguardo i sentimenti più segreti che non pronunciava, la nostra intesa era fortissima, le cose che mi sentivo dentro, la mia mente ne rimanevano condizionate ma un batticuore così forte non lo avevo mai avuto e anche se lui ci aveva detto in modo esplicito che sarebbe risorto il terzo giorno io quale amore quale fede ero riuscita a dimostrargli senza andare a morire accanto a lui? Così nel vedermelo davanti mi sentivo perdonata e inadeguata, la gioia era come aver bevuto, lui mi era entrato nella vita per accendermi, adesso ero io che mi sentivo trasportare da quel fuoco, poi quando lui mi ha congedato e mi affannavo per raggiungervi credo che avessi le ali ai piedi, ho detto a Giovanni e a Simon Pietro che il Signore era tornato in vita e loro non si capacitavano, la verità è che lo dicevo non so se piangendo o se ridendo e loro pensavano che io fossi andata fuor di senno perciò sono corsi su al sepolcro per verificare - forse cercavano una verità meno impossibile e io sono subito venuta qui. Maria, non è stata un’allucinazione non è un sogno e adesso per gradi ve l’ ho detto. Ma se anche voi non mi credete almeno ditelo e io… se ci riesco non ne parlo più a nessuno. (Non ottiene risposta) Ora vi lascio.


(Maria la ferma con un gesto)


MARIA - Ma no, ma che fai, rimani lì. ( Si alza e va verso di lei) Anche per me è molto difficile risponderti. Farò come te, dirò quel che sento e ciò che penso senza fare distinzione.


(M.M. vorrebbe nuovamente inginocchiarsi ma

Maria glielo impedisce)


E’ stato il mio corpo a mantenerlo, la materia della quale si nutriva e costituiva era la mia. Il nostro rapporto era inscindibile, questo lo devo precisare innanzi tutto.


M.M. - Era già chiaro.


MARIA - A parte il sigillo dell’origine di quella vita, e a parte che forse di ogni vita io da quel giorno mi domando che misura di mistero possa avere, il resto era stato conferito per natura a me. Che l’ ho gestito esattamente come tutte le altre donne. Semmai senza incognite, o complicazioni. Il parto mi è stato facilissimo. Giuseppe era andato a cercare per me una levatrice ma quando è tornato con la donna anzi con due il bambino era già nelle mie braccia. Gesù era bello ed era sano e l’ ho sentito francamente così mio, io sono quella che per prima ho potuto sentire la sua voce e il suo calore su di me. Ho visto i pastori che si affacciavano meravigliati perché dicevano che dalla grotta usciva una luce mai veduta. Quando rimasi con Giuseppe gli ho dato il bambino da tenere, gli ho detto prendilo il figlio è anche tuo e lui aveva un’espressione indescrivibile, preoccupatissimo dall’incombenza e poi così tenero nel vezzeggiarlo con quelle sue dita grosse e ruvide sfiorava la bocca e la punta del naso del neonato.


M.M. - Io non ho mai avuto figli e da bambina neanche un padre accanto a me.


MARIA - Sto solo cercando di spiegarti.


M.M. - Mi piace sentirtene parlare. Ti prego.


MARIA - Poi mi hanno resa ancor più madre i mesi nei quali l’ ho allattato, non credo che gioia né piacere di una donna arrivino ad essere altrettanto intensi quanto sentire le labbra del piccolo e il taglio smussato delle sue gengive e quelle manine che si aggrappano e che premono e intanto il mio latte e insieme al latte la mia anima scorrevano in lui per soddisfarlo.

Poi lungo tutta la sua infanzia provvedere a tutto, baciarlo ogni volta che potevo e divertirmi a farlo ridere, lasciarmi commuovere e consolarlo di ogni pianto. Anni di piena dedizione alla maternità e lui ricambiava con la crescita e il suo affetto la nostra totale dedizione. Ti sto parlando sia di me che di Giuseppe. Stringere il naso di Giuseppe e tirargli la barba fino a fargli male credo che almeno per un anno sia stato il maggior divertimento per entrambi. Io non mi sono lamentata e tanto meno opposta quando Gesù ha lasciato me e la nostra casa per seguire la sua strada. Giuseppe era morto e vedere mio figlio andare via era una cosa - una rinuncia amara. Non ero esigente o possessiva. Tu stessa lo puoi testimoniare, fosti tu nella sua vita a subentrarmi.


M.M. - Io sono nata il giorno che ho conosciuto lui.


MARIA - E io ci ho sofferto e ti confesso doppiamente quelle critiche così scontate, non dico per questo incomprensibili, anche a me dava peso la tua fama. Vedevo i pericoli che lui correva privilegiando nei discorsi e col tuo esempio prostitute e pubblicani e poi le polemiche coi sacerdoti, la sua popolarità - e che frequentasse gli zeloti almeno alcuni allarmando l’esercito romano. Erano in tanti a suggerirmi di frenarlo, sentivo reazioni che crescevano mi spaventavano perché si facevano sempre più dure.


M.M. - Lo so bene.


MARIA - Ti dico questo solo per sottolineare che io sono stata e che rimango la sua madre naturale - di carne di sangue e di emozioni e sentimenti umani.


(A partire da qui farà molta fatica a trattenere le lacrime, presto

non riuscirà più, ma sarà un pianto senza pietismo né retorica, Maria

dall’inizio è un personaggio trasparente sempre sincera in quel che

dice)


Perché in tutto quello che è accaduto dalla sua cattura in poi non posso prescindere dal punto di vista materiale, ho visto ferire martoriare e disprezzare quella carne che ho baciato mille volte, che il buon Giuseppe vezzeggiava commovendosi per un bambino che non era neanche il suo, ho visto calcare brutalmente una corona di tortura nei capelli che io per prima ho pettinato, gli ho visto piantare orribili chiodi grossi un dito in quelle mani che baciavo da bambino, l’ ho visto spegnersi di sofferenza sulla croce e ancora mi chiedo come sia stato possibile che uno dei tanti falegnami della zona come lui con quale animo e con quale forza avesse potuto costruirla, quella croce, e poi l’ ho cullato da cadavere sopra le braccia e in quel momento ho ripensato a quando l’ ho messo nella mangiatoia, ho visto la gente che attorniava il suo supplizio pensando a quei semplici pastori che lo avevano adorato e tu capisci almeno spero che se piango (Abbraccia la Maddalena, stanno piangendo tutte e due) e voglio piangere fra le tue braccia non è perché io non abbia udito compreso o creduto a quello che tu sei qui per dirmi, so che il mio corpo e che il mio spirito non contraddicono le cose che tu adesso mi dici, non nego che sia la verità. Guarda che non ho mai preteso di capire fino in fondo, non solo le gioie anche le pene fanno musica cavandola sempre dalle stesse note, il che non significa che le une sostituiscano le altre e se lui è tornato dalla morte questo gli viene non da me ma dallo Spirito che lo ha voluto generare usando me; ma io che ho avuto e che ho gestito la chiara funzione di esser donna, dargli la carne che serviva a farlo uomo, non posso ora smettere di fare i conti con le cose che ha subito, dimenticare in quale modo lui mio figlio mi guardava dalla croce e che neanche morendo abbia potuto consolarmi rammentandomi che in pochi giorni il nostro mondo si sarebbe capovolto, è morto da uomo e come un uomo pari a tutti gli altri mettendo alla prova voi e me fino al suo ultimo lamento.


MM - Io mi rimprovero. Avremmo dovuto …


MARIA - Era un disegno. Hai fatto anche tu quel che potevi, l’ hai affiancato finanziato lo hai amato e ora lo vedi sei a fianco a me. Mi porti l’annuncio più gioioso e sconvolgente che potessi darmi. Tu sei l’eletta, io la madre - è una cosa diversa.


MM - Ma sì, figuratevi, lui era lì vivo e risorto e io l’ ho confuso con un ortolano. Che vergogna.


MARIA - E piangi per questo? Sei la prima alla quale ha voluto dimostrarsi. (Le sorride) Perdonami un pizzico di invidia, non si è ancora mostrato neanche a me.


M.M. - Faceva così, voi lo sapete. Prima gli ultimi.


MARIA - E’ ciò che ha voluto e sono certa che aveva degli ottimi motivi. Punto e basta. Secondo lui e credo secondo verità, io per istinto e tu per scelta, noi due siamo quelle che lo abbiamo maggiormente amato - entrambe donne e questo conta. In quanto al titolo che tu mi davi… non sono mai stata una regina - ma forse lo diventerò, visto che lui è ritornato come Re dei cieli. E dunque inginocchiati. Questo è il momento.


(M.M. si inginocchia davanti a lei. Maria le posa le mani sul capo)


Anch’io onorerò la tua importanza, come ha fatto lui. Perché è giusto così, di fronte a tutti. Perfino gli angeli di Dio. I cieli e le stelle. Io non ho dubbi.


fine




























Note

"L’angelo di Dio" è il terzo testo di un progetto, iniziato con "L’uomo di Arimatea" e seguito da "L’ultimo Cliente". Tutti e tre si riferiscono alle medesime circostanze (la vita e la morte di Gesù), ma i rispettivi approcci alla ricostruzione degli eventi e alle loro dinamiche teatrali sono abbastanza diversi fra loro.


Dirò, semplificando un po’ troppo, che ne "L’uomo di Arimatea" ho maggiormente utilizzato gli aspetti politici che collegavano i fatti alle persone; ne "L’ultimo Cliente" quelli drammatici e più passionali; mentre con "L’angelo di Dio", su quegli stessi temi, ho lasciato più spazio alla poesia.


Ho dedicato e legato "L’angelo di Dio" anche al fascino delle apparizioni. Sono convinto che non sia affatto detto che gli angeli si manifestassero assumendo sembianze propriamente umane. Non vedo perché dovremmo darlo per scontato. Che tale ipotesi sia stata utile all’iconografia si può comprendere, e alla fin fine lo sappiamo, il valore del simbolo resta di là dell’espressione che lo suggerisce. Ma le dimensioni del teatro, sicuramente più di tre, mi inducono a credere probabili, rappresentabili e francamente più accettabili apparizioni che trovassero dei modi meno materiali.


Un altro punto da osservare è che fino ai tempi raccontati nei Vangeli erano solamente angeli i delegati celesti ad apparire: diversamente da quanto avvenne poi. Inoltre, le loro apparizioni tendevano a incidere direttamente su un evento (o ad annunciarlo): interventi precisi, pragmatici, d’urto, rivolti ai diretti interessati.


Va però detto che i Vangeli presuppongono anche altre importanti comunicazioni: si pensi a Maria che rivela a Giuseppe la sua gravidanza; o alla clamorosa annunciazione che venne affidata da Gesù alla Maddalena. Angeli anch’esse, l’una e l’altra (e anche Giuseppe); e già lungo il corso della loro vita, certo non angeli minori.


m.b.

TESTO DELLA COMMEDIA BLASFEMA L'ULTIMO CLIENTE

ERSONAGGI;
MARIA MADDLENA
NDIR-L'ULTIMO CLIENTE-SATANA
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GESU' E M.MADDALENA PROSTITUTA PENTITA SI AMAVANO,LEI LO DESIDERAVA-LA GENTE CRITICAVA GESU' PER QUESTO-POI GESU' E' NEL SEPOLCRO E SATANA-NADIR TENTA M.MADALENA.
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SI OFFENDE LA SANTA DIVINITA' E PUREZZA DI GESU' TRASFORMANDOLO NELL'AMANTE CRITICATO
DI UNA PROSITUTA-COME IN JESUS CHRIST SUPERSTAR.
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(Sabato, le ore del tramonto)


(Effetti di vento nel deserto. A calare)


(Nadir è seduto su una pietra, fa cadere dalla mano un po’ di sabbia, o comunque ci gioca)

NADIR - Nulla quanto la sabbia del deserto suggerisce l’idea dell’infinito. E quando il vento la solleva e ne cosparge il cielo, il senso del tempo si snatura, le polveri azzerano l’orientamento, oscurano il volto delle stelle e del destino, arrossano nuvole, accecano aquile, formano vortici e spirali che confondono la mente.

Ma anche se l’aria non si muove e c’è un tramonto come quello di stasera, è il suo colore a cambiar tono col passare dei minuti, ci inghiottono entrambi, sabbia e tempo, e questo significa il pericolo di una totale indifferenza al messaggio che un uomo e forse un angelo hanno lanciato all’universo.


No, non temete: dico subito che cosa mi ha messo in questo umore. Così nero. Badate che io non mi deprimo facilmente. Non ho l’abitudine a subire, anzi lo esercito, il comando, e sono oggetto di normale ammirazione, so amministrare le ricchezze e ottenere dagli altri il mio vantaggio, sfruttando le loro debolezze. Diciamo: ho la forza e ne approfitto. Perché no?

Ragione per cui sopporto male i rari casi in cui mi devo riconoscere sconfitto. E’ come una punta di coltello, un colpo di grande maestria, che aprisse l’arteria principale del mio essere e io fossi lì a vedere il tempo che riguarda me scorrere verso l’infinito e la sabbia succhiarlo con avidità. Non parlo di sofferenza fisica, ma di essere stato ripudiato. Voi, se mi amaste con sincerità, potreste lasciarmi il giorno dopo?, vi domando.

Ecco, sentite, ero seduto come siedo adesso, vivevo tranquillo il mio silenzio quando è comparsa una figura: piccola, a media distanza, una gattina, bianca, che mi guardava e si chiedeva come trarre da me qualche vantaggio. Le ho fatto un richiamo ed è venuta. Ha preso a strusciarsi contro la mia gamba e si lasciava accarezzare, gradiva perfino spudoratamente, perché le ero estraneo e lei concedeva un’immediata intimità - intendiamoci, anch’io, godevo di quella morbidezza e leggerezza, le sue vibrazioni di piacere. Mentre scorreva lungo le mie dita, mi sono accorto che era bianca - in assoluto. Non una macchia, un solo punto in cui non fosse candida - esclusi gli occhi, si capisce, il colore dell’iride e il piccolo spicchio di pupilla che apriva un ingresso al suo mistero.

Badate però che il bianco non è dell’innocenza, non è vero. Il bianco è il colore più enigmatico, primo perché non è un colore, è dell’assenza ed è ingannevole, perché la purezza di una gatta riesce a illudere, così come io mi sono illuso - fin quando nel massimo dell’armonia del nostro incontro un’illusione non prevista le è bastata, mi ha abbandonato senza il minimo ripensamento, io che ero pronto a compensare la sua compagnia; vi dico che il bianco è privazione, è seduzione luminosa destinata a spegnersi, la solitudine dopo un incontro naufragato è tutta nera, ecco perché ve ne parlavo: il nero è un colore più realistico, perché non si può modificare.

(Indica la tenda) Là dietro, ascoltate, c’è una donna che non riesce a sopportare il suo destino. L’aveva accettato, inizialmente. Non so se lo avesse anche capito. In ogni caso adesso è tardi. E un’altra donna… Ma è inutile dirlo, ora che arriva.

(Si alza)

Ho molta stima per le donne. Mi piace sedurle e non mi piace, in nessun caso, perderle. A volte mi sembrano le sole ad essere totalmente vere.

Non ho detto coerenti. Nel bene e nel male, ho detto vere. Questo mi fa sentire fragile.

Reagisco, ma a dirla con sincerità, la cosa mi crea qualche problema.

(Esce)




( Nella casa di Maria V.


Da un lato l’accesso. La porta - chiusa - della stanza di Maria V. è ben visibile sul fondo, spostata verso il lato opposto.


Di stretta necessità, nell’ambiente che vediamo, un tavolo - o una madia - e un ripiano accanto alla porta della stanza.


Sul ripiano una piccola pentola di coccio, chiusa da un coperchio, una scodella con cucchiaio, una pagnotta e una brocca.


La scena è vuota: il tempo di prendere possesso della situazione - la casa è sobria ma non misera. Poi sentiamo bussare all’uscio. Più di una volta. Nessuno risponde.


Entra M.M. E’ una donna bella, non più molto giovane. Ha con sé un cesto che contiene una cena simile a quella già descritta.

Posa il cesto a terra. Si rivolge a qualcuno che evidentemente lei sa essere dietro alla porta chiusa. )




M.M. - Maria! ( Non ottiene risposta )


( Scuotendo la testa, ma con l’aria di comprendere, M.M. va a controllare la cena precedente che si trova ancora sul ripiano)


M.M. - Com’è possibile, Maria! Non hai mangiato niente, ma perché? E’ da ieri che…


( Batte col palmo della mano sulla porta , sempre inutilmente )


Io ti ho portato …


( Sostituisce il cibo del giorno prima con quello che ha nel cestino )


Devi nutrirti in qualche modo! Mi ascolti o no? Maria! Stai bene?


( Batte ancora sulla porta )


Qui c’è altra zuppa, e pane fresco. Ti prego! Almeno un sorso di vino!


( Rinuncia. Va a posare sul tavolo il cesto con la roba che ha appena ritirata. Torna verso la porta, cambia tattica )


Oppure dimmi la ragione, di questo digiuno e del silenzio! E’ una protesta? Una protesta contro chi?


( Appoggia la schiena alla porta chiusa. Si lascia scivolare a terra. Nonostante l’ intenzione di non cedere, piange )


Credi che io non la soffra, la sua morte? So che non è la stessa cosa, tu sei la madre, e io di figli non ne ho, ma anch’io lo amavo, e forse …


( Batte, col pugno, sulla porta. )


… anche più di te, Maria! Dal giorno stesso in cui…


( Si interrompe, reagisce, si asciuga le lacrime con rabbia. Si alza. )


Maria, non si può fare così! Neppure i momenti dello strazio, di agnello innocente, tutti gli agnelli sono Dio, niente lo ha indotto a rinnegare le promesse sulle quali si è impegnato! Vuoi farlo tu adesso? O questo tuo comportamento che vuol dire? Ce l’hai con me? Sia tu sia io, gli uomini no, eravamo là, a condividere la sua agonìa fino alla fine, nessuno si cura delle donne, se ne infischiavano i soldati come i giudici, per piangere i morti siamo gli esseri ideali!


(Compare nadir, molto elegante)


NADIR - (parlando a parte) Cerchiamo di essere un po’ più… circostanziati, dico bene? (indica m.m.) Si riferiva ad un uomo. Quell’uomo è stato giustiziato ieri pomeriggio. Io, che pure ho motivi indiscutibili per definirlo mio rivale, dirò che: primo, è morto innocente - nessuna malizia né azione oggettivamente grave potevano essergli addebitate; ma, ragioni di natura politica, anche se politicamente stupide, hanno indotto i suoi giudici a volerlo morto, in forma esemplare, cioè crudele. In vario modo argomentata. Definendolo, al solito, un potenziale sovversivo, mentre lui non rappresentava in verità nessun pericolo per l’ordine pubblico e tanto meno per lo Stato. Tutte balle. Terzo, si è ritenuto conveniente che la sua morte facesse spettacolo. Il che l’ha resa in ogni suo particolare ancora più esecrabile. Ma, ciò premesso, siccome per essere legittima la verità va riferita per intero, bisogna aggiungere che lui, dall’inizio alla fine del processo, non ha nemmeno provato a difendersi: non ha avanzato una sola richiesta, né di attenuante né di giustificazione a sua discolpa. Va pertanto riferito o quanto meno sospettato che, a sua volta, più che cercare di evitare quella morte, ha fatto in modo che ottenesse, come ha avuto, la più vasta risonanza possibile.


(Si ritira)


(m.m. batte ancora la mano sulla porta di maria v.)


M.M. - Hai detto qualcosa? Ho sentito…


(Va ad appoggiarsi alla porta. Non sente nulla. Le viene un dubbio e fa qualche passo verso l’ingresso della casa )


C’è qualcuno? ( Alza la voce ) Chi è?


(Torna indietro. Sposta una sedia accanto al tavolo, si serve e comincia a mangiare- sempre parlando a maria v.)


M.M. - Guarda che io ti sono grata. Non credo che fosse molto facile, per te, però tu mi hai dato - io lo notavo - il tuo rispetto. Nessuno degli altri era così: abituati alle femmine passive, e timorati del dio maschio, che lui mi tenesse al loro medesimo livello non gli stava proprio bene. Sai quante volte mi hanno detto: pensiamo noi ad aiutarlo in quel che fa, perché non prendi il buon esempio da sua madre, vedi com’è riservata e senza la minima pretesa? Ma ciò che io, nella mia vita, ho avuto occasione di imparare, a loro mancava, e lo sapevano. E aggiungi che gli uomini, io, capirai, li ho conosciuti bene. Avere la chiave delle loro debolezze significa più che aver studiato. Vendevo il mio corpo, ma le loro confidenze erano gratis. E le tenevo sempre a mente.


(Compare ancora nadir, come sopra)


NADIR - Conobbi sua madre. Non era una donna fortunata, ricalcò semplicemente il suo destino. Scelse per sé l’uomo peggiore, che quando lei rimase incinta, la lasciò. Io feci in modo che né a lei né alla bambina mancasse lo stretto necessario. Sia chiaro però che non agivo per buon cuore. La madre morì abbastanza giovane. Lei (indicando m.m.) ebbe modo di incontrarmi in casa sua una volta sola, di sfuggita. Aveva un’immagine di me molto infantile, idealizzata di riflesso. Tenne, in quei brevi momenti, un comportamento trattenuto, soltanto io potevo leggerle negli occhi che aveva attitudini un po’ più complesse di una generica innocenza. Le feci un sorriso, una carezza sui capelli, quel giorno però non le parlai, non era ancora il mio momento. Quando iniziò a fare il mestiere della meretrice, perché non tendesse a scivolare troppo in basso, le procurai - a sua insaputa - un buon livello di frequentatori. Intelligente di natura, riuscì a sfruttare quei rapporti anche traendone l’arricchimento di una certa cultura personale. E quanto alla cura del suo corpo, volli per lei mani sapienti e i migliori prodotti di bellezza disponibili - pagavo io la differenza e istruivo a dovere le persone. Quando fu il tempo, usai un amico suo cliente come tramite, perché volevo che a cercarmi fosse lei. Non fu, non poteva essere amore a muovere me, sul che non intendo dilungarmi, unicamente precisare che per motivi a parer mio discutibili l’autentico amore mi è negato; perciò mi occorreva che fosse lei a innamorarsi di me. Mi muoveva l’orgoglio, e l’orgoglio, che mi viene attribuito un po’ da tutti, è uno stimolo forte alla rivalità. Puoi ad esempio, per orgoglio, non rinunciare ad una guerra pur avendola perduta, sperando che almeno qualche singola battaglia si risolva a tuo favore. Per me, lei, era questo. Ho avuto l’amore dei suoi sensi, non quello dell’anima, che invece è spettato tutto a lui. Cioè al mio rivale. Perciò la sua morte mi danneggia. In lei memoria, alleandosi al cuore, non rinuncia a pensare ancora a lui come se fosse ancora vivo. Io avrei di gran lunga preferito che i suoi giudici si dimostrassero più furbi, e che, banalmente, lo assolvessero. Quell’uomo andava ridimensionato, non ucciso. Averlo voluto condannare è stato un errore madornale. (Si ritira)


M.M. - (sempre parlando a maria v.) Il più lo imparavo dai clienti meno onesti: capivo il bene interpretando alla rovescia il male e ciò mi rendeva almeno possibile sognare. Ma niente, mai, mi aveva lasciato immaginare il mondo assoluto di bellezza che ho trovato nello sguardo di tuo figlio. Mi leggeva, lui me, fino in fondo, e io in me stessa percepivo quella sua lettura, di tutte le colpe, le sporcizie e le vigliaccherie, le corruzioni, una per una, e le paure più angosciose che erano state la mia vita. Lui non mi fece alcun rimprovero. Però c’era un velo in quello sguardo, che mi voleva incoraggiare alla liberazione: invitarmi a percorrere lo stesso cammino di lettura, perché potessimo incontrarci - e riconoscerci - in profondità. Come poi, in effetti, è avvenuto.


( Fa una pausa. Beve un sorso di vino. Si alza. Torna verso la porta chiusa )


Io sono qui perché speravo di tenerti compagnia. O forse che tu mi consolassi. O mi sgridassi, rammentandomi le sue promesse. Io ho sempre avuto il desiderio di parlarti. Mille domande da rivolgerti. Ma tu ti tenevi… Lo so, è stato lui che ti ha lasciato. Aveva il suo compito, spiegare se stesso, il suo messaggio - ora l’ha fatto. Amava te, amava me, amava tutti - perché non dovremmo sostenerci?


( Non ottiene risposta. )


Insomma, sai bene che tuo figlio mi ha accettata. Per lunghi mesi. Bellissimi. Sempre al suo fianco. Lui dava peso a tutto quello che dicevo. Come nessuno ha fatto mai. Io liberandomi delle mie angosce, di tutti i diavoli che mi erano entrati nella vita, con tutta la rabbia che ho vissuto per le infelicità di mia madre, e per non avere mai potuto amare un padre. E’ stato questo, per me, tuo figlio. Avevo un primato di attenzioni, anche rispetto ai suoi amici. Io, benché donna. E l’ho seguito. Ovunque volesse predicare. Eppure ti giuro era un buon figlio anche se tu da quel momento lo vedevi di rado. Lo sai quante volte mi ha parlato della vostra vita? Ora ti faccio la domanda: perché non sei stata gelosa di me? Ero una peccatrice pubblica. Ho smesso di esserlo, per amor suo, però lo sono stata. Perché tu sei l’unica a non averlo messo in guardia nei miei confronti? L’unica a fingere, con tutti e con me, che io fossi una donna irreprensibile? E’ vero che lui, le decisioni, specie le più pericolose, le ha prese sempre in solitudine. Ma tu, sua madre, vedendo una donna come me che lo esponeva a tante critiche, sempre al suo fianco, avresti potuto detestarmi. O diffidare, quanto meno. Per me era come se mi amassi. Sì che mi illudo volentieri, in queste cose, ma… ci giurerei, che più di una volta mi hai difesa. Io, figuriamoci, lo apprezzo, però mi è difficile capirlo. Ieri, perfino, ancora ieri, nei passaggi più terribili, di fronte al suo sangue, alla sua morte, qualunque rimprovero mi avessi mosso in quei momenti, avrei capito. In cambio di questo tuo silenzio, adesso, lo preferirei. Potrei difendermi - sfogarmi! Il peso sul cuore, che mi sento, come lo posso ulteriormente sopportare, se non dividendolo con te? Come potrei credere ancora nelle sue promesse, ora che è morto e seppellito, se tu non mi dici apertamente che la prima a crederci … sei tu?


( Batte la mano sulla porta. )


Apri la porta e dimmelo, soltanto questo, e poi, se vuoi, torna a rinchiuderti - che intanto io non me ne vado. E a te si raffredda inutilmente la minestra. Maria!


( Scuote la testa. Sparecchia il tavolo, mettendo tutto nel cestino, dal quale ha già estratto l’occorrente per ciò che si accinge a fare. )


(Appare ancora, come già prima, nadir)


NADIR - La prima volta che mi accolse, mi fu totalmente sottomessa. Si presentò truccata al massimo della bellezza, gli occhi ombreggiati più del solito, mi offrì da bere, pensò unicamente al mio benessere. Sorrise molto e parlò poco. Rispetto a quando era bambina, io riconobbi una misura ancora intatta della sua curiosità. Fu poi, nel corso degli incontri successivi, che avvenne la trasformazione. La sua dedizione diventò, da compiacente, compiaciuta. Il punto di massima complicità di quel rapporto fu quando lei mi disse che, finché mi avesse avuto, non avrebbe accettato altri clienti. Ma nel momento che sembrava il migliore era invece iniziato il distacco. Quell’uomo insidiandole direttamente l’anima era riuscito già a sedurla. Lasciare tutti i suoi clienti era soltanto il primo passo. Non passò ancora molto tempo e abbandonò anche me, di giorno e di notte seguì lui. Forse perché più di chiunque, e più di me, aveva guarito le sue ansie portandola a credere in se stessa. Credo che questa, soprattutto, sia stata la sua felicità. Io so benissimo che era felice quell’unione. Lui ne ebbe in cambio un’assoluta fedeltà. L’unica, fra i tanti che allora lo seguivano, lo avete sentito, che è ancora tentata di non credere all’evidenza della morte. Vi dico se io, se questa sera non la convinco a distaccarsene, avrò perso ben altro che una prostituta. (Si ritira)






M.M. - (sempre parlando a maria v. attraverso la porta) Sai quale è stata la cosa più utile ai cattivi umori che ho imparato da mia madre? In cui riversava le sue ansie, le sue rabbie, le aspettative più improbabili? C’erano giorni che mia madre sfogava incredibili energie nell’impastare il pane. Io ne ridevo. Quando fui alta a sufficienza, mi autorizzò a collaborare a fianco a lei. Così insegnandomi non solo a farlo, ma a trarne i medesimi vantaggi. E adesso io passerò il tempo facendo il pane in casa tua. E tu lì dietro, silenziosa ma presente, sarai per me come se fossi anche mia madre. Se non ti va, vieni fuori, impediscilo. Non voglio dormire nella notte più importante che mi resta nella vita. So che ci sono delle guardie a sorvegliare la sua tomba, loro hanno detto per proteggerlo dagli esaltati, ma io ci andrò, prima che faccia giorno, porterò tutto il necessario per occuparmi del suo corpo, unguenti, mirra, saranno il mio lasciapassare, ma non abbandono la speranza finché il terzo giorno non sarà compiuto, e se tu dici, e tu lo sai da quando è nato come stavano le cose, se esci di lì e mi dici no, non è speranza ma certezza, perché fondata su parole indiscutibili quanto lo è l’Onnipotente, allora anch’io dirò certezza di quanto avverrà fra poche ore!


(Appoggia, stavolta senza batterla, la mano alla porta)


Ma se tu, che sai tutto, se taci…


(Ancora una volta sente un rumore)


Chi è là? C’è qualcuno? (Si dirige verso l’ingresso)


(Entra nadir. m.m. ne resta intimidita)


M.M. - Voi, signore?


NADIR - Signore? Non avevamo concordato che per te mi chiamavo Nadir? Almeno quel nome, lo ricorderai.


M.M. - Certo. E l’ho usato finché… ma erano altre circostanze. Chi vi ha detto che ero qui? (L’uomo sorride, fa un gesto vago, non risponde) Cosa volete, a quest’ora?


NADIR - Parlare con te.


M.M. - Un’altra volta.


NADIR - No. Adesso.


M.M. - Non è casa mia.


NADIR - Sì, lo so.


M.M. - (accennando alla porta chiusa) Non siamo noi soli.


NADIR - Lo so.


M.M. - E io non voglio che lei senta , qualunque cosa mi dobbiate dire


M.M. - Allora usciamo.


M.M. - Uscire? E’ notte.


NADIR - E con ciò? Non era di notte, che splendevi?


M.M. - (Indica ancora la porta) Vi prego. Abbassate la voce.


NADIR - Oh, senti, a me non è sembrato che di te le importasse qualcosa.


M.M. - Stavate a spiarmi?


NADIR - Ad ascoltare. E adesso tu ascolterai me.


M.M. - Se non mi sentissi? O non volessi?


NADIR - Vuoi dire che mi hai dimenticato?


M.M. - Nossignore.


NADIR - Hai forse qualcosa da rimproverarmi?


M.M. - No.


NADIR - Sono stato un cliente… sgradevole?


M.M. - No.


NADIR - Ero e ti sono… indifferente, come gli altri?


M.M. - Ancora no. Ma che voi foste, o non mi foste, indifferente, è inutile adesso che…


NADIR - (interrompendola) No, non lo dire. Ti sbagli. Il tempo non conta.


M.M. - Conta che io, sono cambiata.


NADIR - Sì. (Non le dà peso, ride appena) Ovvero, so quello che ho saputo. Voci che… parlano. Per l’esattezza… che sparlavano, di te. Ma quando eravamo in… armonìa, mi pare che avessimo - io e te - un affiatamento che valeva ben più delle meschinità; e che il tuo apprezzamento per me andassse… al di là delle normali prestazioni di mestiere.


M.M. - (Sorride a sua volta) E’ questo allora che vi preme? Volete sentirlo confermato? Vi trovavo attraente, è la verità. Non è consueto, non lo è davvero, per un rapporto a pagamento. Stupiva anche me. O più esattamente, era il mio corpo che ogni volta se ne sorprendeva.


NADIR - E poi?


M.M. - E poi nulla. Ho smesso di fare quella vita.


NADIR - Ma hai smesso quella per viverne un’altra che …


M.M. - Ben differente!


NADIR - Sì, non offenderti: molto diversa - un’illusione.


M.M. - No! Lui non era un’illusione. Era più in alto. Perciò noi dal basso lo amavamo, e i presuntuosi lo temevano.


NADIR - Dolore, amarezza, io li rispetto, e se il mio compianto può esserti utile lo avrai, ma il tuo sole si è spento, la morte è la morte, amica mia. Io, che non ti ho dimenticato, eccomi qua. So che vivi un momento difficile, e se l’amicizia si misura in questi casi…


M.M. - O nei momenti più opportuni. Lasciatemi dire, non mi pare che abbiate molto pazientato.


NADIR - Anzi. All’estremo del possibile.


M.M. - E’ morto ieri.


NADIR - Ho atteso un giorno.


M.M. - E ai vostri occhi è sufficiente, perché io possa averlo già dimenticato?

NADIR - Il fatto è che io non posso attendere di più.

M.M. - Affari importanti?

NADIR - Affari.

M.M. - Allora perché siete venuto? Vi avverto, rischiate il tempo e il sonno.

NADIR - E’ rischio mio. Apprezzalo, almeno, se lo corro.

M.M. - Motivo?

NADIR - Amicizia.

M.M. - Purché non mettiate condizioni.

NADIR - E’ questa semmai, la condizione. E francamente, sei tu che ti trovi in un momento di difficoltà.

M.M. - Ma non sono io che vi ho cercato.

NADIR - E allora troviamo un compromesso. Appunto, amicizia. Come tante.

M.M. - Cioè?

NADIR - Vantaggiosa per entrambi.

M.M. - Ecco. Vedete? La differenza è tutta qui. Quella che lui mi ha sempre dato, fin da subito, non gli portava alcun vantaggio.

NADIR - E chi lo sa. Forse anche in questo ti illudeva.

M.M. - Sentite, Nadir, non offendetevi, ma il fatto è che lui mi manca molto. Sono rimasta senza appoggio e ne avrei un bisogno disperato.

NADIR - Sono qua io. Prova a sfogarti.

M.M. - Pensate che io non lo desideri?

NADIR - Non vedo che cosa lo impedisce.

M.M. - Perché so benissimo che se a questo punto mi lasciassi andare, sarebbe una resa e un tradimento - una sconfitta. Non sono un’ingenua fino a illudermi di riscattarmi, so che nessuno sarà mai disponibile a dimenticare che io sono stata una puttana - il punto è però che lui lo ha fatto. Ha cancellato tutto subito, gli sono bastate le mie lacrime, è stato un patto non esplicito ma impegnativo; e vi giuro al suo fianco non ero più la stessa donna, io lo ascoltavo e questo è logico, aveva lo spirito della parola, ma dico anche lui ha sempre ascoltato attentamente me, io quando noi ci si parlava mi sentivo la regina di me stessa, perfino le nuvole scrivevano in cielo cose che avevo l’impressione di capire, Nadir voglio dirvi ero felice e voi lo sapete come me che anche concedersi un rimpianto di felicità è una premessa irresistibile di debolezza, invece vi prego, mi serve un aiuto per resistere, guardate all’esempio di sua madre che non cede, chiusa in se stessa, non lo so in quale sentimento, ma non cede, e io non voglio retrocedere agli errori e alla vita che ho già fatto.


NADIR - Ti ho forse proposto di riprenderla?


M.M. - (innervosita) Mi serve un aiuto, una consolazione. Non voglio proposte. Mi capite?


(Prepara tutto sul tavolo per cominciare a fare il pane)


NADIR - Ora che fai?


M.M. - Pane, che poi porterò a cuocere.


NADIR - ( irritandosi a sua volta) Vorrei che ascoltassi quel che dico.E quella donna, chiusa là, nell’altra stanza, non si è degnata di risponderti una volta sola. (Le afferra un braccio) Prova a comprendere il perché.


M.M. - Lasciatemi il braccio.


NADIR - (lasciandola) Ascoltami, invece che impastare.


M.M. - Vi ascolterò - mio malgrado, anche facendo un’altra cosa. Perché no?


NADIR - Perché infastidisce chi ti parla seriamente e in questo caso irrita me.


M.M. - Il pane?


NADIR - Sì, forse.


M.M. - Calmava mia madre e io le assomiglio. Voi che l’avete conosciuta lo sapete. Se vi disturba non guardatemi. Quello che ho dentro, e che mi sento, ha urgente bisogno di uno sfogo.


NADIR - Giusto. E - mi pare - non sei l’unica. (Indica ancora la porta chiusa)


M.M. - Soffre. Un dolore impenetrabile.


NADIR - Soffre una morte incomprensibile, mia cara. Ma il suo dolore non lo è. Nessuna madre può accettare per un figlio la sorte che è stata riservata al suo.


M.M. - Perché ne parlate?


NADIR - Non puoi rinunciare alla tua vita per amore di qualcuno che ora è morto. O accontentarti di rimpiangerlo. Ancora non sai quello che io ti vengo a offrire.


M.M. - E cosa mi offrite, che sia tanto imprevedibile, o speciale, da indurre una donna una zuccona come me a cambiare idea? Mi conoscete così poco?


NADIR - Decidilo tu, quanto sarebbe imprevedibile o speciale una vita più facile e agiata di quella che hai fatto fino a qui.


M.M. - Beh, questa è in parte una sorpresa, vi confesso. Pensavo che avreste cominciato dall’amore.


NADIR - No. E tu, se io l’avessi detto, non lo avresti né creduto né gradito.


M.M. - Vero.


NADIR - Ma in te non mi avevi cancellato, dalla mente né dal cuore.


M.M. - Nel cuore non siete mai entrato. Ero e rimango indipendente.


NADIR - E ciò valeva anche con l’uomo per il quale mi hai lasciato? Pensavo il contrario. Che dentro di te ne fossi schiava.


M.M. - Schiava? Se lui mi ha liberato!


NADIR - E oggi? Ti senti in libertà? Schiava di un uomo che sapeva conquistare, ma non distinguere il possibile! Voleva di più del mondo intero! E quando mai? Non gli bastava? Pretendeva tutto! L’aria, gli abissi infiniti che sovrastano! Il cielo! Le stelle!


M.M. - Il cuore! Lo spirito! Sapeva quello che voleva, e lo inseguiva!


NADIR - Però inseguiva la morte.


M.M. - C’è modo e modo, di morire.


NADIR - Ma è sempre morire.


M.M. - E perché no?


NADIR - Perché non doveva! Era innocente!


M.M. - Tutti sapevano che era innocente!


NADIR - E come può essere grandezza, o libertà, morire innocenti? Me lo spieghi? Lasciarsi tradire, abbandonare dagli amici, cercare una fine così ingiusta senza nemmeno protestare? Lasciare te disperata, sua madre (indica) incapace perfino di gemere, timorosa di esprimere, altro che tacendo, e digiunando, lo strazio dell’anima a vederlo finire così male, vedere il suo sangue gocciolare sulla terra e la sua vita defluire! Chiedere questo, di accettarlo, ad una madre, in nome di chi? O di che cosa? Della sua e della tua libertà? E’ questo il buon senso?


M.M. - Allora io vi dico questo: quando la nostra relazione, mia con voi, mi aveva … sì, presa, l’ho già ammesso, vi ho giudicato l’uomo più… particolare, generoso, e importante, fra quanti ne avevo conosciuti; e sono lietissima che siate stato, non solo il migliore ma anche l’ultimo dei miei clienti, e ho sempre apprezzato la passione che mettete nel parlare in certi casi, come adesso. Io, ripensandoci, quando rimasi poi attratta dalla novità più straordinaria della mia vita, trovando la forza di tagliare tutto ciò che mi legava la mio passato, vi ho attribuito anche un’altra facoltà non comune, fui certa che voi, più di chiunque, di me stessa, aveste già allora presagito l’imminenza del mio incontro con l’unico uomo della Terra che fosse capace di trasformarmi. Vi dico, non fu una mia illusione, sapevo benissimo ciò che sentivo e credevo e sceglievo. Lui non mi ha mai, da parte sua, ingannata e nei confronti di me stessa non lo ha permesso neanche a me. Io lo seguivo, lui predicava, non c’erano spazi certamente per vita comoda, né agiata, eppure io mi entusiasmavo nel superare insieme a lui quelle difficoltà.


NADIR - Ma adesso è morto, e questo significa… Ripeto: è morto!


M.M. - Le sue parole non lo sono.


NADIR - Prendo atto. Tu prendi atto delle mie: io ti propongo formalmente la sicurezza del futuro, una vita gradevole, il rispetto del mondo. Non sono sposato e non ho figli, come sai, perciò niente scandali. Il mestiere che hai fatto sarà la migliore giustificazione: per te, che sarai pubblicamente la mia concubina; per me, di non prenderti per moglie.


M.M. - Certo.


(Continua a impastare, trattenendo altri commenti. I suoi possibili sottintesi non sfuggono a nadir)


NADIR - Neppure lui ti ha chiesta in moglie, mi pare.


M.M. - No, infatti.


NADIR - E tu cosa aspetti, dal futuro?


M.M. - Non dipende da me.


NADIR - Risposta elusiva. Un po’ remota.


M.M. - Tutt’altro. Dalla sua morte, entriamo già nel terzo giorno.


NADIR - E questo ha importanza? Che importanza?


M.M. - L’ha per me.


NADIR - Perché?


M.M. - Perché. E poi sono io, nel caso a chiedervi perché: muore l’uomo che ho amato, lo uccidono, e voi non capite le ragioni del mio lutto?


NADIR - Un lutto è sempre comprensibile, ma immaginavo che il tuo ultimo cliente avesse qualche previlegio. Poterti parlare a cuore aperto. Sentirti rispondere senza mentire.


M.M. - Volete smentire quel che ho detto?


NADIR - La tua ragione per attendere non è quel lutto. Ma la promessa di un’assurdità, che è incompatibile con la ragione, questo è il problema, ed è la promessa che vi ha fatto, di ritornare in mezzo a voi dopo la morte.


M.M. - Credere a lui non era solo una questione razionale.


NADIR - Certo che no: razionale… un delirio? Ma tutti quelli che lo amavano, eccettuata te, e ne subivano anche il fascino, palesemente, si sono piegati alla realtà della sua fine. Hanno capito che morivano con lui le loro speranze, non so quanto ingenue, ma infondate. E ora ne temono le conseguenze. Non credono più a quello che ha detto.


M.M. - Forse non ci hanno mai creduto.


NADIR - E tu? Donna pratica, di loro la più disincantata, nemmeno consideri l’alternativa?


M.M. - Sì, la ragione. Il cuore no. E dato che voi mi conoscete così bene, non vedo il motivo di sorprendervi. Sono impulsiva.


NADIR - Sei stata impulsiva anche con me. Non solo quando mi hai ferito nell’orgoglio abbandonandomi, ma quando hai voluto sottometterti pubblicamente a lui, di fronte a non so quanti clienti inconfessati, presenti, e a disagio, in quel banchetto. Poi, furibondi.


M.M. - Non m’importavano.


NADIR - Si è visto.


M.M. - Temevo che lui, si infastidisse. Questo sì.


NADIR - E perché mai? Beneficiario di un amore così plateale, poteva non essere gratificato? Colpe più gravi delle tue avrebbero avuto in quel momento il suo perdono.


M.M. - Siete geloso?


NADIR - Sicuro, avevi incontrato la fortuna, che ero io, denaro, passione, prestigio sociale, l’uomo più ricco dei dintorni, e tu non eri una donna in vendita? Non ero forse il cliente ideale, mettevo dei limiti al tuo prezzo, chiedevo altro che di averti?


M.M. - No. Questo è vero.


NADIR - E appagavo i tuoi sensi.


M.M. - L’ho ammesso.


NADIR - Ma ti è bastato incontrarlo, scambiare con lui solo uno sguardo, e tu per seguirlo mi hai lasciato.


M.M. - Perché non cercate di capire?


NADIR - Cosa: l’amore?


M.M. - Se volete, e se riuscite a non usare la parola con banalità.


NADIR - L’amore è sempre una banalità, tranne che per gli interessati.


M.M. - No, esiste solo per gli interessati. Questo è il punto.


NADIR - Non è così che la pensavano di te i suoi più diretti collaboratori.


M.M. - Piccinerie. Insignificanti.


NADIR - Non per me. Mi tenevo al corrente. Ho chiesto ai miei servi di raccogliere e di riferirmi ogni commento a tuo riguardo. Curioso è che più da vicino provenivano, dalle persone a lui più intime, tanto maggiore era la loro insofferenza.


M.M. - Lui non li ha mai assecondati.


NADIR - Il coro era univoco su alcuni punti: dicevano tutti, per esempio, che tu influenzavi il suo pensiero.


M.M. - Non era vittima di pregiudizi, e allora ascoltava le opinioni di una donna, ma nessuno, a cominciare da me, avrebbe potuto influenzare le sue convinzioni. Vero il contrario, caso mai: mi era impossibile, non condividere le sue parole.


NADIR - E condividere il suo letto? Anche questa era voce comune.


M.M. - Sapete, le voci… sono libere.


NADIR - Ecco, ma questa, forse vale una risposta.


M.M. - Cioè debbo darvela?


NADIR - Pensavo che tu, avresti voluto replicare.


M.M. - Lo debbo a lui, non a me stessa. Dovreste capirlo che, per me, non ho problemi di reputazione.


NADIR - Però non mentire.


M.M. - E voi non cedete ai pregiudizi.


NADIR - Non ne ho. Salvo che tu, di averlo amato, l’hai già detto.


M.M. - Infatti. L’ho amato.


NADIR - Con tutta l’anima.


M.M. - Vero.


NADIR - Ho più conoscenza del tuo corpo. Desideravi quell’uomo?


M.M. - Certo.


NADIR - E il suo corpo, desiderava te? Rispondi sì o no.


M.M. - Soltanto lui, potrebbe rispondere sì o no.


NADIR - Bene. Supponiamo di sì.


M.M. - Supponiamo di sì.


NADIR - E in base a queste premesse, vedendovi sempre stare insieme, come poteva il vostro prossimo non ritenere che tu fossi la sua donna?


M.M. - Io sono stata la sua donna! Ma non la sua amante. C’è un abisso. E quell’abisso era fra noi. Non per dividerci. Ci univa.


NADIR - Fisicamente?


M.M. - Anche. Ma non come tutti immaginavano.


NADIR - Nessuna morale, credi a me, potrebbe accettare questa distinzione.


M.M. - Oh, ma sarebbe da ridere, un’ex-prostituta moralista. E poi non era un moralista neanche lui. Lo fosse stato, non si sarebbe accompagnato con me. Né a tante persone… di ogni genere. Perfino a morire, è andato insieme ai malfattori. E io che lo conoscevo bene ve lo posso garantire, non si è certo umiliato per questo. Ciò premesso, non c’è mai stata, nossignore, l’intimità fisica fra lui e me alla quale voi vi riferite. So bene che molti mormoravano di questo, andavano a dirlo anche a sua madre, ma né avevo io da scapricciarmi, né lui che io sappia ha mai rinunciato alla verginità. Vi sembra incredibile?


NADIR - Lo era per tutti. E quanto a me lo spero, perché sarebbe almeno in parte una minore umiliazione. Mi sentivo coperto di ridicolo, a essere stato abbandonato unicamente per motivi spirituali.


M.M. - Io non ho avuto l’intenzione di umiliarvi. Né penso che voi lo siate stato. Nessuno si aspetta fedeltà dalle donne che fanno il mio mestiere.


NADIR - Non rimprovero te, ma me stesso. Se io ti avessi consentito meno libertà, forse tu non lo avresti incontrato.


M.M. - Ero una donna… libera, signore.


NADIR - Non era contrario le tue regole, mescolare l’amore con la professione?


M.M. - Non l’ho mai fatto. Ma aggiungo che, sempre, a una donna, fingendo o no, si chiede amore.


NADIR - Lui te l’ha chiesto?


M.M. - Già lo aveva.


NADIR - E tu a lui?


M.M. - Io? Con quale coraggio? Ma se immaginate, perché è morto, che lui per questo non sia più fra voi e me, lasciatemi dire che era un uomo di natura eccezionale. Un corpo e uno spirito come noi tutti, ma al contrario che in noi, era il suo spirito che prevaleva. Ancora adesso non mi riesce di convincermi che sia morto del tutto - per sempre.


NADIR - Perché sei confusa. Quello che tu chiami lo spirito, era la sua forza vitale. Di quella, tu eri innamorata. Ma si è spenta. Il che ti addolora, ma è così.


M.M. - Ricordo una cosa che egli ha detto a mio riguardo, anche se non la disse a me. Uno dei suoi, il più geloso, gli ha chiesto: " Perché ami lei più di noi? " Gli ha risposto: " Tu dimmi, piuttosto, perché tutti voi non mi amate quanto mi ama lei? "


NADIR - Sapeva usare le parole.


M.M. - Sì.


NADIR - Che però non lo hanno salvato.


M.M. - Perché non le ha usate, per salvarsi.


NADIR - No, infatti.


(Va a prenderle la mano sinistra)


M.M. - No, vi prego, lasciatela. E’ sporca di pasta.


NADIR - (leggendole la mano) Guarda qui, guarda qui: la linea è chiarissima. Vivrai ancora molti anni. Non puoi seppellirti nella sua memoria.


M.M. - Riuscite fare anche magìe?


NADIR - Temo di no.


M.M. - Sapete, io mi sto chiedendo: che cosa volete, realmente, da me?


NADIR - Tornare ad averti.


M.M. - Non soltanto.


NADIR - (eludendo la domanda) Avrai per te una bella casa, io inviterò gli amici, e ti darò libero accesso alle conversazioni. Per come ritengo di conoscerti, e quello che io pretenderò che ti si debba anche dagli altri, sarai più di prima una donna informata ed ascoltata. Eccezione alle regole. Cosa ne dici?


M.M. - Che lui sapeva come affascinarmi, e invece voi come tentarmi.


NADIR - Avrai servitù quanta ne chiedi al tuo comando, e una cucina ben condotta e rifornita. Non è il denaro che mi manca.


M.M. - Così tutti dicono.


NADIR - Perché così è.


(Batte le mani. Qualcuno di lato, visibile o no, gli porge delle vesti, che egli posa da qualche parte)


E vesti adeguate, naturalmente. Anche quelle. Avvicinati . Guardale. Senti le stoffe.


M.M. - Nadir, torno a chiedervi: cosa volete?


NADIR - Te l’ho già detto.


M.M. - Non credo.


(nadir batte ancora le mani. Gli viene porto un cofanetto. nadir lo prende e lo apre)


NADIR - Questi gioielli? Ti convincono?


M.M. - (Scuote la testa) Mi conoscete. E’ tutto… strano. E le proposte, che mi avete… Lo so, siete molto generoso, ma il solo parlarne, adesso, qui, infrange le regole più elementari del dolore. (Indica la porta chiusa) Di là c’è sua madre.


NADIR - (arrabbiandosi) Sua madre non c’entra, e infatti tace. Non esiste. Parliamo di me. Di me e di te.


M.M. - Parliamo prima del perché di tanta urgenza


NADIR - E tu perché non vuoi decidere?


M.M. - Oh, beh, scusate, io ho già detto di no, questo vuol dire che ho deciso.


NADIR - In base a rimpianti irragionevoli!


M.M. - Vi ho chiesto perché tanta impazienza.


NADIR - Ho usato già la comprensione l’altra volta, e il risultato? Ti ho perduta. Te ne andasti con lui.


M.M. - Voi stesso mi dite, adesso è morto. Non c’è fretta.


NADIR - Ma vedo che tu vuoi aggrapparti all’impossibile.


M.M. - E allora perché, essendo impossibile, vi fa paura?


NADIR - Che cosa c’entra la paura?


M.M. - Ecco, vi dico: non lo so.


NADIR - Pensavo che fosse già chiarito: io voglio quello che mi spetta. Mi devi ancora risarcire di un’umiliazione.


M.M. - Non mancherà molto. Il terzo giorno è già iniziato.


NADIR - In cambio di quello che ti do, sacrifica a me almeno le briciole di una speranza disperata.


M.M. - E’ stato il re degli onesti anche in questo, la sua promessa ha una scadenza molto breve. Per voi cosa cambia, dopo tutto?


NADIR - E’ affar mio.


M.M. - (Va a guardare dalla finestra) Vedete? Guardate: è una stranissima notte. Da quando lui è stato ucciso, sono impallidite perfino le stelle. Quando starà per iniziare il giorno, andrò a controllare la sua tomba.


NADIR - Vieni qui. Vieni. Siediti. (M.M. lo accontenta) Vorrei che tu riflettessi ancora un momento sulla mia proposta.


M.M. - (Ha un breve gesto di affetto - una mano sul braccio? - si direbbe un momento di abbandono) Lo so che mi avete offerto molto. Il punto non è se siete o non siete generoso. Il vero problema sono io. (Gli sorride appena) Non serve a niente insistere.


NADIR - Sì, probabile.


M.M. - E poi lo sapete qual è la mia fama. Quella mi seguirà sempre, qualunque cosa io dica o faccia, chiunque sia al mio fianco: lui, voi… il giudizio della gente sarebbe comunque più forte, anche se voi lo combattete o lo ignorate.


NADIR - Non era lui ad insegnarvi a "non giudicare, se non vuoi essere giudicato?" Non era contrario al pregiudizio anche lui?


M.M. - Siete dei nostri, Nadir?


NADIR - Certo che no. Le idee appartengono a chi le pratica. Dunque anche a me, che non ho consiglieri, né maestri. Il pregiudizio è sempre e soltanto una stupidità. Per questo serve a guidare le masse, dà loro una falsa sicurezza. Ma parlando di noi, di me e di te: non credi che siamo superiori?


M.M. - Vi illudete. La mia reputazione vi danneggerebbe comunque.


NADIR - Ha danneggiato forse lui?


M.M. - Aveva ben altro a cui pensare. Nel mondo che lui ha immaginato trova posto anche una donna come me.


NADIR - Nel mio mondo reale, qui, ora, io sto offrendoti un posto per te! La nostra intesa sarà libera da vincoli formali, e senza niente da nascondere, qualunque fosse l’evenienza, in ogni caso.


M.M. - Ogni caso? E ad esempio?


NADIR - Se mi dessi un figlio.


M.M. - (Ha una reazione) Ma che sciocchezza.


NADIR - E perché mai? Rifiuti l’ipotesi totale, oppure non vuoi segnatamente riferirla a me?


(M.M. si alza, si muove, è agitata)

M.M. - Non la considero perché barate! Sareste voi il primo a non volere!

NADIR - E perché no? Dico: potrebbe. Potrebbe succedere - succede.

M.M. - E come no, è successo a me, che non ho mai potuto avere un vero padre! Ma non mi è sembrata una fortuna!

NADIR - Intendi che non vorresti figli? Non ci credo.

M.M. - Non illegittimi! Non destinati a esser d’ingombro! E non da avviare alla prostituzione appena raggiungono l’età!

NADIR - Considera invece questa analisi: non solo con me, ma anche con lui, tu, cortigiana, hai ottenuto un’inconsueta considerazione.

(M.M. si calma. Torna a sedersi accanto a lui, come prima)

M.M. - E cosa volete sottintendere?

NADIR - Non sottintendere - affermare, che se io avessi un figlio da te, non lo vedrei come un bastardo da nascondere, ma come un figlio naturale, godrebbe sua madre e la mia casa e tutti i vantaggi riferibili al mio piacere di viziarti. E non avrà nulla da temere dal suo prossimo, ne avrebbe al contrario ogni rispetto, perché nel mio ambiente, come regola, è il mio prossimo a avere paura di me.

M.M. - Nadir, io non... sono diventata inaccessibile e nemmeno insensibile alle attrazioni della vita. Dovrei aver smesso di essere donna, il che non è. Ma il vostro discorso è un po’ sleale. Amando un uomo come lui, mi era già chiaro che la sua… straordinarietà scavava uno spazio una distanza che i miei sensi non avrebbero mai compensato. Solo al mio spirito dal mio… profondo era concesso di congiungermi con lui. Lasciarmi sfiorare da pensieri differenti sarebbe stata o un’illusione o un’empietà. Sapete perché non è accaduto? Perché nel suo spirito c’era l’essenza della morte e della vita, che prometteva anche di più di quello che voi mi proponete.


(Lo previene) Lasciatemi aggiungere una cosa. Nei giorni in cui voi non eravate solo l’ultimo, ma anche il migliore dei clienti, l’intensità di quel rapporto mi ha fatto correre dei rischi, avrei potuto non soltanto non incontrare lui, ma neanche accorgermi del fatto che lo avrei perduto. E’ curioso, ma adesso, di nuovo cercate… insomma, vi state interponendo. E’ come se aveste ancora più da preoccuparvi ora che è morto. Quand’era vivo insieme a me, perché non mi avete mai cercata - o reclamata?


NADIR - Ho rispettato la tua scelta. Ho atteso che i fatti dimostrassero che era sbagliata.


M.M. - Anch’io ritenevo, fino poco fa, che fosse questa la ragione. Ma ora ne dubito: che cosa avete da nascondermi? E perché?


(nadir fa una pausa. Va anch’egli a gettare un’occhiata fuori)


NADIR - Davvero, tu vuoi che te lo dica?


M.M. - Ho da temerlo?


NADIR - Sì. (Torna da lei. Non sarà più così gentile come prima) Sangue. Un fiume di sangue, e sofferenze senza fine. Se rimanesse un solo dubbio che lui potesse ritornare a vivere, come vi ha detto, per salvarvi, chi fermerà la violenza di coloro che non vogliono essere salvati? Attenta, il rischio non è mio, la mia posizione mi protegge. Detto ancor più sinceramente, non c’è conflitto né terrore nei quali non trovi un mio possibile commercio, e più di una sola salvaguardia a mio vantaggio. Ma tu non sei me e senza di me tu finiresti nella lista delle vittime. Cosa che io invece non voglio; e che nei confronti di quell’uomo io mi consideri avversario o no, la cosa non deve riguardarti, riguarda solo lui e me. Anche la mia proposta è onesta, è un patto chiaro. Se io ti possiedo e ti proteggo, nessuno mai alzerà un dito su di te. E in quanto a quelli che dicevano di amare il tuo amico più di te, ma quando è girata la fortuna lo hanno abbandonato, io ti prometto due vantaggi: accanto a me potrai difenderli, influenzando le persone giuste - che tu come me frequenterai, abbassando la cresta degli ipocriti e dimostrando ai tuoi compagni quanto vali.


M.M. - Io? Ma non conto.


NADIR - Non fare l’ingenua. Non lo sei. O è stata una sua stregoneria?


M.M. - Stregata no, mi ha affascinata, qualunque cosa lui dicesse era la verità.


NADIR - Anch’io sto dicendoti la verità - e in più, proponendoti una prospettiva. Allora seguimi con attenzione. Ai tuoi clienti, sazi di comandare in casa, vendevi il piacere di avere una donna che li dominasse, erano loro i sottoposti.


M.M. - In ogni caso, acqua passata.


NADIR - Non è quel mestiere è semmai quel potere che ti ripropongo.


M.M. - A me non sembra né un mestiere né un potere essere vostra concubina.


NADIR - E invece pensa a lui. Se grazie a me sarai la salvezza dei suoi uomini, salverai anche il suo messaggio - anche la sua rivoluzione, è come dire aprire un varco nella storia del tuo popolo, e un primato al tuo genere di femmina, lui stesso ha voluto averti a fianco fino in fondo.


M.M. - Non era il potere che voleva.


NADIR - Non per sé. Ma forse voleva che tu lo gestissi in nome suo.


M.M. - E anche ammettendolo, come potrei, se non credessi fino in fondo a ciò che ha detto - e che ha promesso?


NADIR - Sarai sempre l’ultima che si è rassegnata alla sua morte, hai fatto già più di tutti gli altri. Rinunci per me solo a un avanzo, a poche ore di illusione - è un prezzo basso.


M.M. - Davvero il pericolo che ci riguarda, me, i suoi amici, è così prossimo?


NADIR - Così violento. E’ l’ordine stesso delle cose che tende ad essere spietato con chi lo rimette in discussione. Perciò non sfidarlo come lui, trova riparo innanzi tutto e prendi tempo. Io posso offrirteli, uno e l’altro. Il tempo è politico - è paziente.


M.M. - Signore, chi siete?


NADIR - Chiamarmi signore mi indispone.

M.M. - Rispondetemi.


NADIR - Sai molte cose già di me. Fa’ in modo che bastino.


M.M. - Eppure qualcosa… (nadir la interrompe mettendole un dito sulle labbra)


NADIR - Non voglio sentire altre domande.


M.M. - Ebbene, io… voglio decidere da sola.


NADIR - Ora? Fra poco?


M.M. - Lo prometto.


NADIR - D’accordo. (Esce)


(m.m. torna a parlare con maria v., picchia ancora una volta alla sua porta, per attirarne l’attenzione)


M.M. - Ascoltami, adesso: da quando sono diventata donna, in tutte le mie difficoltà, non ho potuto mai rivolgermi a nessuno per avere un consiglio disinteressato. Se avessi subìto una condanna a morte, allo stesso modo di tuo figlio, nessuna madre, per me, si sarebbe mai chiusa in una stanza a piangere, o a protestare col silenzio e col digiuno. Che è un diritto di tutti, piangere un figlio e rispettare la memoria dei sentimenti. Se comportarsi nel tuo modo fosse anche l’unico modo possibile di essere madre, già questo in me raddoppierebbe il rimpianto di avere perso troppo presto la mia. Forse è il motivo per il quale mi trovo qui, in questa casa e alla tua porta. So bene che tu non puoi confondere nessuno, me tanto meno, con lo specialissimo rapporto vostro, ma il mio legame con lui era tale, ti giuro, Maria, che senza mai essere stato carnale ci collegava in modo ancora più profondo, e io per questo sono certa che se esiste una persona sulla Terra alla quale io, ora, mi posso rivolgere, sei tu. Mi sento confusa. Eppure lo so di avere sempre dominato facilmente il mio giudizio sul mio prossimo, specie maschile. Ma ora denuncio due eccezioni: una è tuo figlio, perché ci ha promesso l’impossibile, e non solo il mio spirito, ma spirito e carne vogliono indurmi alla scommessa che una volta, la prima e ultima sia pure, l’impossibile si realizzi. L’altra eccezione, è l’uomo che adesso mi parlava, io pensavo altrimenti motivato, che già mi aveva avvicinata tempo fa, entrato in casa di mia madre ancora viva, ora capisco, non per caso, e non per lei, ma per me. Poi rivelandosi al mio corpo successivamente e catturandomi nei sensi con una forza misteriosa, un po’ sconvolgendomi ma dilagando unicamente nell’eccitazione, senonché adesso a ripensarci questo avveniva al tempo in cui si preparavano i motivi del mio incontro con tuo figlio. Tardi mi sto convincendo che fu uno scontro di tensioni superiori a me, e io adesso sospetto che la seduzione dell’uno servisse a impedire il mio incontro con l’altro. L’hai sentito anche tu. E’ tornato a farsi sotto in un momento delicato, lo ripeto, non a caso, io sono più fragile che mai, e ne rimprovero anche gli altri, perché il sopravvento della paura di amici e seguaci, tutti, dopo tante professioni di fede, ha visto crollare in poche ore ogni lealtà. Adesso mi chiedo se tuo figlio non si aspettasse che almeno qualcuno, forse io, scegliesse alla fine di morire al suo fianco, anziché lasciarne il previlegio a due condannati mascalzoni. Se ufficialmente la sua colpa era di averci arruolato alla sua verità, noi, che ce ne siamo arricchiti, come anche tu di essergli stata madre, eravamo più colpevoli di lui. Non uno solo, che ha pagato per tutti, ma noi tutti, perché molti, mettevamo in pericolo l’ordine pubblico. Non le sue idee ma il rischio che noi ce ne esaltassimo è stato il motivo della soppressione. A te rimprovero questo silenzio che mi opponi e che non riesco a interpretare. E quel signore che era qui, che era il mio ultimo cliente prima che io cambiassi vita, ora lo so di quanta astuzia si è servito, ancora una volta questa notte è scivolato seduttivo come un serpente nella mia vita, al momento giusto, con le proposte che mi ha fatto, troppo allettanti per non essere sincere, ma posso ignorarne la furbizia e non giudicarle, più che proposte, tentazioni ben calcolate? Allora ti chiedo: quanto vale, per te, se vale qualcosa, la mia intenzione di onorare fino in fondo le parole di tuo figlio, se non ti induce a rinunciare a un’incomprensibile neutralità, e a uscire, adesso, da quella stanza di una casa che non è neppure la tua, il cui proprietario non dorme due notti nello stesso letto temendo di essere inseguito, perché non esci e non mi dici chiaramente quello che tu mi consigli di fare? Sei sua madre, Maria! Se adesso tu apri quella porta e mi chiarisci esattamente il tuo pensiero, io non ti chiederò mai più altro. Ma voglio sentirmelo dire da te se è davvero follia, pensare che possa sopravvivere per noi anche di là della sua morte; e quanto valgono, sulla bilancia del futuro, le ore che restano perché si compia il terzo giorno, e che se io vi rinunciassi, risarcirebbero l’orgoglio ferito del mio ultimo cliente. E’ una scelta difficile, specie da quando in fondo al cuore l’ho già fatta. Ma non escludermi così da… (Dà ancora un colpo con la mano sulla porta, ma desiste. Va a guardare fuori)


Mattino del giorno dopo il Sabato, prima dell’alba


M.M. - Andiamo verso il mattino. (Rabbrividisce. Ritorna verso la porta chiusa) Voglio dirtelo, ho preso la mia decisione. Che io sia l’unica o no, ma fossi anche l’unica, scelgo di credere che l’impossibile sia vero. E ora so dirti anche perché. Perché era molto più difficile per una persona rispettata come lui credere in una prostituta e non dubitarne in nessun caso, di quanto lo sia adesso per me credere a un uomo come lui. E perciò a quello che ha promesso. (Va a coprirsi per uscire) La cena è sul tavolo. Si è raffreddata, ma è una cena. Io vado, salgo alla sua tomba e se nessuno lo impedisce, lì rimarrò, fino all’intero compimento del giorno: ungendolo, profumandolo e… amandolo. (Esce)


(Compare nadir. Anche per questa sua ultima comparsa, ha cambiato abbigliamento: più che mai splendente)




NADIR - (Legge) "In principio era il Verbo

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

…………………………

In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

la luce risplende nelle tenebre

ma le tenebre non l’hanno accolta.


(Smette di leggere. Chiude e ripone il libro) Anch’io, in principio, immaginavo che sarei stato per sempre un portatore di luce. Ho peccato di superbia, e della sconfitta inevitabile che seguì, vi ho già detto. Se quella donna (indicando la direzione d’uscita di m.m.) avesse accettato la mia proposta, avrei conseguito una rivincita assai rilevante. In lei vi era l’ultimo filo di fede che senza consanguineità né conoscenza superiore non si fosse, fra i tanti, ancora spezzato. Io sapevo, naturalmente, ciò che sarebbe accaduto se lei non avesse rinunciato a credere; e non vi posso rivelare, perché mi è proibito, ciò che non sarebbe accaduto in caso contrario.

Sia chiaro per tutti, non ho reclami da avanzare. Lei (indicando la porta chiusa della stanza di maria v.) ha probabilmente influenzato, ma al tempo stesso rispettato col silenzio la libertà di quella scelta. Nulla e nessuno mi ha impedito di usare i miei argomenti. Nulla e nessuno ha esplicitamente smascherato la mia reale identità. Se lei (indicando nuovamente la direzione di uscita di m.m.) ne ha avuto qualche sospetto, ciò rientrava nell’ambito delle sue facoltà. Anch’io ho giocato correttamente questa partita, l’ho perduta e lo ammetto. Dal massimo punto luminoso dello Zenith (indicando verso l’alto) all’opposto regno delle tenebre che mi compete (indicando verso il basso), la dolorosa distanza che li separa è, insopportabilmente, infinita.

fine






Premio "Enrico Maria Salerno" per la Drammaturgia europea

VIII Edizione - 2002


a L’ultimo cliente di Mario Bagnara


Motivazione


"Gerusalemme, la sera del giorno successivo alla crocifissione di Gesù. In scena due personaggi: la Maddalena - ex prostituta convertita, attivissima donna del gruppo dei discepoli; e Nadir, uomo influente e facoltoso che era stato l’ultimo cliente della Maddalena, prima della conversione, a lei legato da una relazione intensa, ben oltre il commercio sessuale. Dietro una porta, un terzo personaggio, solo evocato ma incombente: è Maria, madre di Gesù, chiusa nel suo dolore muto e inaccessibile. Bagnara, con L’ultimo cliente, ripropone il tema della fede e del dubbio; tema che già aveva animato L’uomo di Arimatea, opera finalista della scorsa edizione del Premio. La Maddalena è tentata da Nadir che le offre protezione, sicurezza economica, riscatto dalla propria condizione di prostituta. In cambio chiede che lei si lasci alle spalle gli anni trascorsi accanto a Gesù, dimentichi la follia di un re senza regno, un re dei miserabili e degli oppressi che ha promesso, morendo, il miracolo assurdo della risurrezione. La Maddalena è chiamata alla scelta fra una fede scomoda e pericolosa e una comodissima indifferenza. Il linguaggio ricco ed armonioso, il dialogo teso e realistico, la vicenda semplicissima ma carica di attese, sono i punti di forza di un testo che offre materiale per una grande prova d’attori ed ha il coraggio di narrare - col pudore e la delicatezza della Maddalena - i tratti di una vera e propria storia d’amore: amore intenso e incompiuto, spirituale ma quasi terreno: quella fra una ex prostituta ed il Messia. Bagnara ha saputo sostenere questa difficilissima sfida con la sua piena maturità di Autore."